la sentenza

Cravatte falsificate, due condanne

Inganno con il marchio Ungaro Italy. Risarcimento ai consumatori

Per ingannare gli acquirenti era bastato aggiungere la dicitura “Italy” alla nota griffe Ungaro, e commercializzare così camicie e cravatte in tutta Italia e anche oltre confine. Dopo una prima assoluzione nel 2005 (annullata con rinvio dalla Cassazione e divenuta declaratoria di prescrizione nella nuova pronuncia di merito), il salernitano Aniello Cuoco è stato condannato ieri a una pena di due anni, per un nuovo processo apertosi con la scoperta di un deposito in cui custodiva centinaia di cravatte con il marchio “Ungaro Italy” e altre che imitavano la cifra di Ermenegildo Zegna. Con Cuoco è stata condannata a due anni anche la presunta complice, Maria Giraulo, che lo avrebbe aiutato nello stoccaggio della merce. Il deposito fu scoperto a Eboli, dopo una segnalazione che mise la Guardia di Finanza sulle tracce del locale. Ma erano anni che la casa di moda Ungaro aveva ingaggiato nei confronti di Cuoco una battaglia legale. Ieri il giudice Stefano Berni Canani ha disposto il risarcimento del danno in favore sia dello stilista francese che di Zegna, costituitisi parte civile tramite gli avvocati Antonio Ciliberti e Annalisa Grasso. Anche Federconsumatori dovrà essere risarcita, perché gli acquirenti sono stati ingannati creando i pressupposti affinché credessero di comprare un prodotto firmato. Lo stratagemma adottato, e che nel precedente processo era valso a Cuoco una prima sentenza di assoluzione, era ingegnoso: l’imprenditore aveva coinvolto nell’affare un sarto dell’Agro nocerino dal cognome Ungaro, attribuendo a lui la paternità delle cravatte e legittimando così la “firma” analoga a quella della nota griffe. La merce era smistata così in centinaia di negozi, dove i finanzieri hanno eseguito i sequestri. (c.d.m.)

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