Crac dell'Alvi, sono sospette anche le svendite fatte da Villani

Dopo gli arresti di Angelo Villani e delle sorelle, agli atti dei pm salernitani finiscono alcune relazioni nelle quali si evidenzia la possibilitá di una voluta depauperazione del patrimonio aziendale. Dai dati di vendita dei supermercati della catena dei Villani il curatore fallimentare ha evidenziato possibili mancati ricavi per 33 milioni di euro

• Nella gestione dell’Alvi spa ci sarebbe stata una gestione «poco diligente», «imperniata su criteri antieconomici», confidando quasi esclusivamente su sconti promozionali e utilizzo di denaro circolante proveniente dalle societá controllate, oltre che sul credito di fornitura. Per questo, vi sarebbero state chiare responsabilitá sia degli amministratori dell’Alvi spa (Antonia e Angelo Villani) che di era chiamato a controllare.

• L’ipotesi al vaglio degli inquirenti - a seguito delle segnalazioni del giudice del tribunale fallimentare Giorgio Jachia e del curatore Tommaso Nigro - è che sia stato volutamente depauperato il patrimonio sociale, creando così un danno per i creditori. L’ipotesi di reato riguarda la complessiva indagine sull’Alvi spa, dichiarata fallita nel dicembre scorso.

• Perché, come scrive il gip Vincenzo Pellegrino nell’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per Angelo, Elisa e Giovannina Villani e Bartolomeo Pagano, «l’impostazione accusatoria abbraccia una vicenda ben più ampia di quella trasfusa nel precedente provvedimento (la bancarotta fraudolenta per la "Sannio Discount srl, controllata Alvi, ndr)». Con la necessitá, ovviamente, di valutare anche la posizione di Antonia Villani, rappresentante legale della societá di famiglia.

• Il presunto depauperamento, così come hanno accertato i finanzieri del nucleo di polizia tributaria, diretti dal tenente colonnello Antonio Mancazzo, è avvenuto in vari modi, con distrazione di materiali e merci e finanche prelevando direttamente il denaro dai punti vendita, evitando così il passaggio per i normali canali bancari.

• E, in un’ottica d’indagine complessiva, c’è da valutare anche il comportamento «poco diligente», «imperniata su criteri antieconomici», di cui si diceva. Tra le altre cose, nel «Programma di liquidazione» a firma di Nigro, depositato il 15 settembre scorso alla cancelleria del tribunale fallimentare di via Papio, nel quale si analizza l’ultimo quinquennio di attivitá dell’Alvi, si spiegano alcuni di questi comportamenti poco "accorti" adottati dai Villani.

• Uno su tutti riguarda il costo delle merci vendute nei punti vendita al dettaglio. Per il curatore fallimentare, una politica poco accorta degli organi di gestione, avrebbe causato un mancato ricavo di oltre 33 milioni di euro. Qualcosa per il curatore fallimentare non quadra e «si potrebbe immaginare per il passato una artificiosa sopravvalutazione del magazzino - scrive Nigro - realizzata per compensare le perdite di bilancio che l’antieconomica gestione produceva; magazzino che si sarebbe "svelato" in occasione della reale inventariazione attuata in sede fallimentare».

• Il curatore giunge a questa ipotesi, analizzando le operazioni gestionali condotte nell’annualitá 2009. Si è ragionato tenendo conto delle percentuali di ricarico realizzate dall’Alvi negli anni tra il 2005 e il 2008, ritenendole «congruenti con quelle del settore». La media del ricarico attuata dall’Alvi in questi anni è stata del 12,66 per cento rispetto al costo delle merci. Nell’annualitá 2009, invece, si è registrato una percentuale di ricarico negativa che va dal meno 7,82 per cento al meno 7,01 per cento di quello chiuso al 16 dicembre 2009. Se si fosse mantenuta una media di ricarico normalmente utilizzata negli altri periodi, si sarebbero contabilizzati per il curatore «ricavi per un totale pari a 33.696.844 euro con una corrispondente diminuzione di denaro incamerato nelle casse sociali».

• Una ricostruzione che attesta per il curatore fallimentare il fatto che «l’azienda, nel periodo immediatamente a ridosso della cessazione sostanziale dell’attivitá ha depauperato il patrimonio aziendale nella misura in cui ha ceduto merci a un prezzo di gran lunga inferiore a quello di mercato ed anche a quello ci costo o comunque senza un adeguato corrispettivo». Così facendo, «sottraendo l’introito dei corrispettivi realizzati e incassati (adottando le minime percentuali di ricarico praticabili) determinando una sottrazione di numerario per un ammontare pari a non meno di 33.636.844 euro, lasciando intravedere, con ogni probabilitá, ipotesi di reato perseguibili ai sensi della vigente normativa».

• Documentazione che ora gli investigatori stanno analizzando e distribuita nei vari fascicoli d’indagine finiti sulle scrivanie dei gip salernitani sulle aziende fallite che facevano riferimento al gruppo Alvi, ovvero societá partecipate o controllate dalla casa - madre: Superalvi spa; Abellinium Marker srl; Supermercati Calabresi srl; Supermercati Apololucani srl; Casertana discount srl; Iperalvi srl; Delfin Chimica srl. Allo stesso tempo, le azioni della societá madre Alvi spa sono al 99 per cento di proprietá della societá a responsabilitá limitate Finavil, riconducibile ai Villani.

• Intanto, la prossima settimana saranno ascoltati i quattro destinari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Pellegrino. • L’avvocato dei Villani, Felice Lentini, si è detto più volte convinto dell’innocenza dei suoi assistiti, e che sará possibile dimostrarla al giudice carte alla mano, dimostrando la correttezza delle operazioni compiute per cercare di salvare l’ex colosso della distribuzione.

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