Crac Alvi, briciole ai fornitori

Depositata in tribunale la relazione effettuata dalla curatela fallimentale. Il deficit supera i 150 milioni di euro: molti creditori non saranno pagati

• La lettura dei "numeri" del fallimento Alvi - con un deficit che si va sempre più assestando oltre i 150 milioni di euro - può rappresentare una valida interpretazione della storia del crac del colosso della distribuzione organizzata della famiglia Villani.

• Perchéè una lettura che consente di intravedere i meccanismi messi in atto per spostare sempre più in avanti nel tempo il tracollo finanziario dell’azienda e contestati dalla procura come azioni di bancarotta fraudolenta.

• A finanziare l’impresa dell’ex presidente della Provincia Angelo Villani non vi erano soltanto gli istituti di credito, che oggi possono godere - nell’ambito della procedura fallimentare - di molte garanzie.Chi ha realmente consentito all’Alvi di sopravvivere, indirettamente e inconsapevolmente, sono stati i fornitori.Dai grandi marchi italiani ai piccoli distributori di ortofrutta del Salernitano. Hanno permesso, loro malgrado, accettando pagamenti sempre più dilazionati nel tempo, di «mantenere aperta la serranda», usando un’espressione usata proprio dai Villani, accrescendo però sempre di più il passivo, fino al definitivo crac.

• Gli stessi fornitori che oggi si trovano a dover subire le conseguenze più gravi di quelle scellerate operazioni finanziarie che hanno portato al fallimento. Perché, al momento, di quei crediti vantati nei confronti dell’Alvi (il totale accertato è di circa 85 milioni di euro), nulla riusciranno a recuperare. E, se tutto andrá per il meglio, a conclusione della procedura fallimentare - che pur sta procedendo con celeritá e nel migliore dei modi - la percentuale a loro attribuita sará quasi certamente irrisoria.

• Una situazione che emerge con chiarezza nelle sei pagine del rapporto riepilogativo consegnato al giudice Giorgio Jachia dal curatore fallimentare Tommaso Nigro. Analizzando la relazione depositata nei giorni scorsi in tribunale (aggiornata al 30 giugno) si riesce ad avere un quadro d’insieme sulla reale portata del crac dei Villani. Vi sono i "conti" aggiornati dell’Alvi, dopo la "cura" disposta dalla curatela ed è giá possibile avere un quadro pressoché definitivo della situazione. Due le tabelle che certamente più interessano: quella relativa all’attivo e del passivo. La prima segna una disponibilitá liquida di 43 milioni di euro circa (in un una previsione finale oggettiva salirá a non più di 60 milioni); mentre il passivo, che oggi è di 156mila euro è destinato a crescere (per alcune voci ormai giá accertate) fino ai 230milioni.

• Si cerca di recuperare più soldi possibili dalle "azioni revocatorie", ovvero le cause aperte nei confronti di fornitori pagati daVillani nei sei mesi precedenti il fallimento. Soldi che per legge possono rientrare nella disponibilitá del curatore per una successiva ripartizione equa fra tutti i creditori.

• Tra le cause aperte vi è anche quella con Amato per circa 700mila euro. Villani, infatti, saldò nel cosiddetto periodo "sospetto" il debito che aveva con il pastificio salernitano, alterando, per il curatore, la par condicio creditorum. Ovviamente con il successivo fallimento dell’Amato non sará più possibile recuperare questa somma e, presumibilmente, si raggiungerá un accordo tra le parti, visto anche che tra le posizioni di debito e credito tra le due aziende c’è una sostanziale equivalenza.

• Altra importante causa in corso, che potrebbe portare benefici al "salvadanaio" dei fornitori, è quella aperta contro l’erario e l’Inps per circa 30milioni di euro.
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