Così la Diocesi truffò la Regione

Le motivazioni della sentenza sul caso dell’Angellara Home e della condanna di Pierro e don Comincio

Ci fu una «condotta truffaldina» da parte della Diocesi di Salerno nel richiedere il finanziamento alla Regione Campania per l’ammodernamento dell’ex Colonia San Giuseppe, oggi Angellara Home, da parte dell’arcivescovo emerito Gerardo Pierro, del suo cerimoniere don Comincio Lanzara e del presidente dell’associazione “San Giuseppe” (oltre che progettista e direttore dei lavori) Giovanni Sullutrone. Realizzato attraverso l’uso di «espressioni ambigue» nelle domande di finanziamento «non rivelando mai, com’era doveroso, la tipologia di accoglienza offerta, che era turistica e non caritatevole». Causando così un rilevante danno economico alla Regione (calcolato per tre quote di finanziamento pari a un milione e duecentomila euro) che ora dovrà essere risarcito in sede civile. E’ uno dei passaggi contenuti nelle motivazioni della sentenza che portò alla condanna, con pene sospese, dei tre imputati (un anno a don Comincio e Sullutrone, dieci mesi a Pierro). Quasi duecento pagine nelle quali i giudici della prima sezione penale del tribunale di Salerno (presidente Maria Teresa Belmonte, Fabio Zunica e Marilena Albarano) ricostruiscono uno dei processi più importanti svoltisi negli ultimi anni nel capoluogo e che vedeva imputati anche funzionari comunali e altri tecnici poi andati assolti.

I giudici ridimensionano quelli che erano gli iniziali capi di imputati contestati dal pm Roberto Penna sulle ipotesi di abusi edilizi (che ora sta valutando la possibilità di proporre appello), ritenendo non sussistenti le accuse mosse dalla procura per molti reati. Fino a dissentire anche dalle valutazioni dai periti nominati dallo stesso collegio. In sostanza, per i giudici, la modifica della destinazione d’uso da struttura assistenziale-caritatevole a struttura turistico-ricettiva è avvenuta, effettivamente, «solo nella fase gestionale», mentre dal punto di vista strutturale sono ritenuti legittimi gli interventi di ammodernamento, che possono essere considerati come un «necessario adeguamento strutturale per rendere l’attività ricettiva, anche quella di una Colonia, al passo delle abitudini dei nostri tempi». Non risulta dimostrato per i giudici, inoltre, il «rapporto collusivo tra pubblici ufficiali e privati richiedenti» per contestare i reati di abuso d’ufficio e falso. «Né una siffatta connivenza emerge dal tenore delle conversazioni registrate nel corso delle intercettazioni effettuate a ridosso del sequestro, intervenute tra don Comincio Lanzara ed il vescovo Gerardo Pierro e tra quest’ultimo e il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca». Telefonate, invece, che per il pm dimostravano l’«accondiscendenza degli uffici comunali verso le illegittime richieste dell’Arcidiocesi» e i «legami fortissimi» tra Curia e Comune. In sostanza i giudici ritengono che un cambio di destinazione d’uso vi è stato, ma solo per la fase di gestione: «il complesso è stato gestito non in termini di Colonia ma per casa per ferie». Non vi è alcuna prova, infine, dell’approvazione indebita contestata a don Comincio Lanzara.

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