L'EMERGENZA EPIDEMIA

Coronavirus, il geologo Tozzi: «La natura si è ripresa tutto. Ma l’uomo farà altri danni»

«Il virus ha riequilibrato l’ecosistema ma inquineremo di nuovo»

SALERNO - «E questa nostra vita, via dalla folla, trova lingue negli alberi, libri nei ruscelli, prediche nelle pietre», scriveva William Shakespeare. La natura è la protagonista: ci circonda, ci nutre, ci accompagna ma non sempre viene protetta dall’uomo. Quella natura che non è un posto da visitare ma è casa nostra. E solo oggi, con il blocco totale delle attività per l’emergenza coronavirus, ci rendiamo conto che lì fuori qualcosa è cambiato. Il Covid-19 sta modificando non solo la vita delle persone ma l’intero assetto ambientale. «Si vede nelle città, attraverso i parchi, non solo in Italia ma in tutto il mondo », spiega Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e conduttore su Rai 3 del programma “Sapiens-Un solo pianeta”. «Mentre il distanziamento sociale ha reso noi sapiens sempre più isolati, gli animali riconquistano i loro spazi. Le strade e le piazze si riempiono delle specie più varie. La fauna selvatica si riprende ciò che noi le avevamo sottratto».

Un fenomeno che si sta verificando con maggior frequenza è la “pulizia” di fiumi e canali, prima fortemente inquinati. Tra questi, il caso del fiume Sarno.

Il Sarno è risaputo essere il fiume più inquinato d’Europa. Bisognerebbe effettuare uno studio approfondito per comprendere a fondo da cosa deriva questo positivo cambiamento. Ma non è l’unico esempio: anche i canali di Venezia sono diventati pulitissimi, trasparenti. Ci sono meno imbarcazioni, si solleva meno materiale dal fondo e di conseguenza i canali sono meno torbidi.

Perché, invece, la situazione del Sarno è diversa?

Ancora non sono state messe a punto tutte le strategie necessarie benché i soldi siano stati stanziati. Sicuramente lo stop di molte industrie ha contribuito al miglioramento dello stato fluviale. Il Sarno, come d’altronde l’intero ecosistema, ne sta approfittando per ritornare allo stato d’origine. Mentre i sapiens fanno un passo indietro, la natura si riappropria di se stessa.

È un fenomeno inedito o in altre occasioni la mancata presenza dell’uomo ha favorito la natura?

Lo avevamo già visto in occasione del dramma di Chernobyl. La città di Pripyat, che ormai dal 1986 è abbandonata, è diventata la città con la maggiore ricchezza di biodiversità d’Europa. Ci sono orsi, aquile. C’è di tutto. I fatti mostrano che i nemici invisibili dell’uomo, come possono essere le radiazioni o il coronavirus, lasciano gli animali alquanto indifferenti. Quindi il vero problema è la nostra attiva presenza. La vegetazione segue la stessa logica.

C’è da avere una maggior paura per i vulcani più di quanta bisognerebbe averne normalmente?

Assolutamente no. Il Vesuvio e i Campi Flegrei sono i vulcani più pericolosi d’Europa ma non è cambiato nulla nella loro attività.

Il pianeta come reagirà a un reinsediamento umano?

Il problema, molto più degli animali che fanno parte di un aspetto che definirei folkloristico, sono gli inquinanti. Nella Pianura Padana, la regione più inquinata d’Europa, dopo un mese di stop l’aria è pulita, non ci sono più ossidi d’azoto. Ormai non si tratta più di supposizioni ma di dati empirici. In Cina, dove il lockdown è avvenuto prima, le attività sono cessate e le nuvole di biossido d’azoto sono svanite. Purtroppo però oggi, con la ripresa delle attività, stanno comparendo di nuovo.

Sarebbe quindi il caso di cambiare qualcosa o prendere provvedimenti affinché non torni tutto come prima?

Purtroppo non cambierà assolutamente nulla. Gli uomini non faranno tesoro di quanto accaduto. La lezione da imparare da questa pandemia sarebbe stata “riconvertire”, muoversi adesso per cambiare le nostre attività in maniera ecologicamente sostenibile. Le pandemie derivano dal nostro operato, dalla deforestazione in primis. Tu deforesti, lasci i pipistrelli, che sono i maggiori portatori di questi virus, privi di una casa, e loro si attaccano a quello che trovano. Un allevamento intensivo di maiali, come è successo in Malesia nel 1998, ora la periferia urbana.

L’uomo può trarre protezione dalla natura?

Se questi blocchi non fossero solo una transitoria conseguenza di un decreto, ma un obiettivo concreto, allora la speranza di un cambiamento non sarebbe disillusa e l’intero ecosistema diventerebbe il nostro migliore antivirus. Nella natura l’equilibrio è garantito.

Stefania Capobianco