“Core” strega il Vinitaly e ridona luce all’Aglianico

Per i primi vent’anni di attività dell’azienda debutta una nuova bottiglia

di Barbara Cangiano

In attesa della festa de charme che si terrà a fine anno a Roma per brindare ai primi vent’anni di attività, Silvia Imparato (nella foto) ha approfittato di una vetrina d’eccezione, quella del Vinitaly, per presentare al pubblico l’ultimo nato di casa Montevetrano. “Core” è un Aglianico in purezza imbottigliato dalla blasonata azienda di San Cipriano Picentino. «Ho una piccolissima zona coltivata con uve di Aglianico molto particolari: hanno una caratteristica salina, perché siamo su una collina bassa a cento metri dal mare - racconta - Sono sempre stata legata a questo vitigno e per anni ho “torturato” il nostro enologo, Riccardo Cotarella, chiedendogli di fare un vino a base di Aglianico. Lui è sempre stato un pò scettico, era innamorato del Cabernet Sauvignon. Poi ha iniziato a lavorare a Guardia Sanframondi, nel Beneventano e si è appassionato. Finalmente, tre anni fa, sono riuscita a convincerlo». “Core” è figlio di diverse alchimie, molte delle quali sperimentate nella campagna umbra. «Quando abbiamo trovato la miscela giusta di questo blend tra le uve di Guardia Sanframondi e le nostre, avevo le lacrime agli occhi». Se l’etichetta porta la firma della figlia di Silvia, Gaia, il nome che contrassegna la new entry è stato scelto direttamente dalla padrona di casa: «Inizialmente volevo dedicare un vino al mio nipotino, perché come tutte le nonne stravedo per lui. Sa com’è, gli amici mi prendono in giro per il mio essere sentimentale e per il deficit di pragmatismo… Ragionadoci sopra ho pensato che Core fosse perfetto: è al tempo stesso “core di mamma“, è una cosa che appartiene a tutti, è il motore delle nostre vite ed in inglese “core“ è il fulcro, l’essenza di una attività. Anche perchè l’obiettivo è rivolgerci a chi versando il vino nel calice sa coglierne anche l’anima». Lo sanno bene gli estimatori del Montevetrano, che ha portato a casa, annata dopo annata, tantissimi premi prestigiosi, incuriosendo ed affascinando persino The World’s Greatest Wine Est Usa, senza contare il Gambero rosso, l’Espresso, l’Ais, Veronelli. «E’ un vino di grande longevità», spiega Imparato, ma anche di forte persistenza, perché capace di godere delle influenze del mare, del clima mite e del terreno che lo coccola, ricco di scheletro. L’Igt Colli di Salerno è un vino intenso e concentrato, che nel colore rosso rubino raccoglie i profumi di bosco, nuances di viola, mora, ciliegia ed amarene. I suoi toni speziati, inoltre, come le madeleines proustiane, fanno risalire alla memoria i bouquet della cannella, del mirto e del cioccolato: un viaggio olfattivo a rebours che, nel tempo, acquisisce preziosità, struttura, ricchezza. L’equilibrio sapiente tra tannini, acidità e legno è figlio di una lunga maturazione della buccia che dura circa venti giorni, a cui segue una fermentazione in acciaio inox. Il passaggio successivo è quello della fermentazione malolattica, per poi invecchiare per otto o dodici mesi in barrique nuove in rovere di Nevers, Allier e Troncais. Prima di strizzare l’occhio al mercato, Montevetrano resta in bottiglia per sei mesi. Ogni annata è diversa dalle altre e risente di molteplici variabili, a partire da clima. Ma per tutte occorre una regola: «Bisogna imparare l’arte della pazienza», ricorda Silvia Imparato che quando non gira il mondo per lavoro, ama affac. ciarsi e tenere d’occhio i cordoni speronati unilaterali e guyot che fanno di Montevetrano un’azienda leader nel settore della viticoltura. E la pazienza è fondamentale per poi godere del succo di una terra che ha sofferto, ma che sa ricambiare con generosità la mano di chi la accudisce. E così le zolle regalano un brindisi perfetto per suggellare un’intesa che dura da vent’anni «nei quali abbiamo conservato le bottiglie che potessero costruirne e raccontarne la storia». Quella cantina è oggi uno degli archivi più preziosi del buon bere.

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