«Confido nel Signore e nella giustizia»

Frate Gigino e le accuse per il Bambinello. La città si divide sulla “buona fede” del religioso

«Confido nel Signore e nella giustizia». Queste le poche parole di fra Gigino all’indomani della chiusura delle indagini sul caso delle presunte lacrime di sangue sulla statua del Bambino Gesù che sarebbero comparse il 22 e 23 ottobre del 2010, dopo l’arrivo della statua da Betlemme. La Procura della Repubblica accusa Luigi Petrone, frate Gigino, di abuso della credulità popolare, in quanto dal giorno del dissequestro della statuina, avvenuto il 15 febbraio del 2011, la stessa è stata esposta ai fedeli in diverse occasioni.

La vicenda sta intanto dividendo la città in due fazioni. Molti sono pronti a scommettere sulla lealtà di padre Gigino e sulla correttezza del suo comportamento; ma non manca chi invece esprime forti dubbi su quella lacrimazione e sul fatto che sia stata interpretata come un segno divino.

«Io sono convinto - afferma il parroco della basilica della Madonna dell’Olmo, Giuseppe Ragalmuto - che nell’atteggiamento di padre Luigi non ci sono mai stati i presupposti per prendere in giro la gente con la questione della lacrimazione del Bambinello. Oggi la nostra fede sta subendo una trasformazione, nel senso che ha bisogno forse di prove testimoniali per essere vissuta, mentre la fede che ci trasmette Gesù Cristo attraverso i vangeli, così come la fede della chiesa è tutt’altra cosa. È ovvio che in un momento così delicato, la lacrimazione di una statuta del Bambino Gesù o della Madonna crea agitazione. Padre Luigi è, innanzitutto, un sacerdote che vive il suo ministero, e credo che nella sua intenzione non c’è l'atto di ingannare la gente attraverso un fatto inspiegabile, ma la volontà di portare anime a Dio. Io credo che sia arrivato il momento di spegnere i riflettori contro di lui e lasciarlo lavorare».

Come don Giuseppe Ragalmuto, almeno quattro persone su cinque pensano che contro frate Gigino si stia facendo troppo ostruzionismo. «Fra Luigi - afferma don Giuseppe Milo - nel suo servizio al grande convento di Cava de’ Tirreni è se stesso con i suoi limiti e con le sue grandi qualità. Un uomo di Dio che o viene stimato per la sua voglia di fare, di essere in prima persona a lavorare e a dare il meglio, o da diverse persone non viene compreso e quindi disistimato perché agisce in prima persona o perchè dice le cose come stanno effettivamente».

Non mancano i pareri contrari, naturalmente, come quello del consigliere di Rifondazione, Michele Mazzeo, e quello del sindacalista Vincenzo Di Nicola. «Io sono garantista per cultura - sostiene Mazzeo - e dunque aspetto l’esito del percorso giudiziario. La vicenda del Bambinello, per me, rappresenta comunque un preoccupante ritorno al medioevo». «Cava de’ Tirreni - sostiene Di Nicola - ha bisogno di credibilità e serietà, e credo che fra Gigino, sia pure con tutto il rispetto per l’abito talare che indossa, non le stia offrendo».

Annalaura Ferrara

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