«Condizioni disumane per chi è malato»

Farmaci sostituiti arbitrariamente e trasferimenti in centri medici mai accordati: tre ricorsi alla Corte di Strasburgo

In otto in una cella di venti metri quadri omologata per tre persone. Con pareti umide e scrostate, bagni chiusi da vecchi cartoni, docce fredde che si possono usare una volta a settimana, biancheria cambiata con frequenza da terzo mondo, vitto e farmaci che scarseggiano e che molto spesso finiscono sul conto delle famiglie che se lo possono permettere. Se il sovraffollamento delle carceri è una emergenza nazionale (a Salerno i detenuti sono 550 a fronte di una capienza massima stimata in 280 unità), l’assistenza sanitaria precaria vede la casa circondariale di Fuorni tra i primi posti in Campania. Parola di Massimiliano Franco, professione avvocato, che con un pool di colleghi (Loredana De Simone, Massimo ed Emiliano Torre, Paolo Vocca, Rosanna Carpentieri, Silverio Sica) si occupa, attraverso l’associazione Radicali salernitani di Donato Salzano e il circolo Nessuno tocchi Caino, delle condizioni disperate in cui vivono i detenuti. Sono tre i ricorsi attualmente curati dai legali salernitani, pronti a finire (uno è già stato introdotto) sulla scrivania dei giudici della Corte europea di Strasburgo. Il primo caso riguarda un 58enne salernitano: a Fuorni doveva scontare un residuo di pena di un mese e mezzo. Affetto da un carcinoma alla prostata, aveva chiesto un differimento di esecuzione della pena per potersi curare in un centro clinico attrezzato per la radio e la chemioterapia che gli erano state prescritte. Non gli fu concesso. «E’ stato sottoposto ad una terapia chemioterapica in carcere, ma con farmaci diversi da quelli che gli erano stati dati - spiega Franco - Il suo quadro clinico si è molto aggravato, al punto che oggi non può neppure essere operato». L’istanza di trasferimento in una struttura attrezzata fu rigettata «perchè il magistrato lo ritenne superfluo in considerazione che la pena da scontare era limitata. Ma un mese e pezzo per un malato di tumore può significare molto». All’attenzione della Corte di Strasburgo c’è già il ricorso di un 46enne di Vallo della Lucania, affetto da cardiopatia ischemica. A febbraio 2012 chiese il trasferimento presso un centro ospedaliero, denunciando l’arbitraria sostituzione di un farmaco che gli era stato prescritto e che avrebbe dovuto assumere ogni otto ore. «Le sue condizioni si aggravarono. Per soli sei mesi fu trasferito primo a Benevento e poi ad Avellino dove a tutt’oggi non segue la cura che dovrebbe. Il gip gli ha anche negato la possibilità di effettuare la prova da sforzo», ha sottolineato Franco. Illuminante è poi il caso di una 35enne marocchina che, affetta da una grave cirrosi epatica, si è fatta in quattro per tornare a Fuorni dopo essere stata ricoverata per un breve periodo nella sezione detenuti del “Ruggi”. «Le celle non hanno bagni. I detenuti sono obbligati ad attendere l’arrivo di un infermiere o di un agente per qualunque cosa. Se qualcuno si sente male deve sperare che dall’altra parte la sua voce venga ascoltata». Condizioni devastanti, «aggravate da un abuso della misura cautelare preventiva e da un inasprimento del tribunale di sorveglianza». Ma al vaglio dell’associazione c’è ora la possibilità di impugnare le ordinanze emesse nelle fasi di esecuzione delle pene, tirando in ballo la responsabilità civile. Una battaglia nuovissima, che va ad aggiungersi alla pioggia di ricorsi che potrebbero arrivare dinanzi ai giudici di pace, dopo la sentenza che ha stabilito un rimborso di mille euro per un detenuto che ha trovato la forza di denunciare le condizioni di degrado in cui era stato costretto a resistere a Fuorni.

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