Con Valentina “vola lontano” senza abbandonare il Cilento

Geloso delle sue vigne, l’enologo-contadino vince grazie a Fiano e Aglianico

di Barbara Cangiano

E’ il 1938 quando nonno Alfonso, sulla cresta di una collina a 400 metri sul livello del mare, impianta il primo vitigno, utilizzando barbatelle su piede americano. Da quel fazzolletto di terra aspra e caparbia, iniziano a spuntare i primi grappoli succosi, che cancellano l’amaro ricordo dei vecchi vigneti decimati dalla fillossera. Come tutti, a quell’epoca, nonno Alfonso vende vini sfusi che profumano del sole e della passione consumata a curare i filari. Il passaparola si fa veloce nel piccolo borgo di Rutino, alle porte del Parco nazionale del Cilento. E quelle botti di legno finiscono, già a partire dal primo dopoguerra, in una Toscana che cerca un tocco di struttura per il suo prodotto finale. Oggi l’azienda Rotolo si estende per circa sette ettari coltivati a guyot, sfornando sul mercato ben 60mila bottiglie principalmente a base di Aglianico e di Fiano. Alfonso . Rotolo (foto) ha 48 anni: del nonno a cui ha rubato il nome gli restano i ricordi, le mani sporche di terra, il sudore della fronte, il legno impastato dal mosto. Da papà Francesco, invece, seconda generazione delle tre che hanno fatto di una vecchia tenuta agricola un tempio sacro del buon bere, ha imparato il coraggio di osare. «Con Botti e Marino mio padre è stato il primo a decidere di imbottigliare il vino, qui in Cilento - racconta - Questa è la mia terra, la mia storia e le mie radici e ne sono orgoglioso». Rotolo, come tutti i cilentani, ha scorza dura e tenacia: «Seguo personalmente tutte le fasi. Mi faccio aiutare solo in cantina, quando c’è da girare le cassette sulla pigiatrice - racconta - E’ che con il vino ho un rapporto quasi fisico, non solo perché ho trascorso l’infanzia tra le vigne, ma perché ho sviluppato una sorta di gelosia, come quella che si prova nei confronti di una persona cara da custodire». Parla del vino, ma probabilmente anche della sua unica figlia, Valentina, che ha sedici anni è il “naso” dell’azienda. «Mi fido molto dei giudizi di mia figlia e di mia moglie che fa la psicologa. Odio chi si approccia al vino condizionato da etichette o sovrastrutture. Credo che olfatto e gusto siano anche un qualcosa di viscerale e per questo, da quando Valentina era piccola le ho fatto annusare il vino». A Valentina è dedicato uno dei due Cru della casa, il Fiano in purezza Igt Paestum che viene dal vigneto San Rocco. Ed è stata sempre Valentina a suggerire per lo spumante brut prodotto con metodo classico il nome di Fly away, ossia Vola lontano, perché dopo mille sacrifici tra lieviti ed “alambicchi” per trovare il punto giusto di bollicine, era la scelta migliore per augurare al papà un futuro radioso. All’età di Valentina, Alfonso Rotolo, quando era tempo di vendemmia, scappava. «Lo fa anche mia figlia e credo sia normale a quell’età. Poi, quando è arrivato il momento di prendere le redini dell’azienda, è come se mi fosse scattata dentro una molla: il desiderio di recuperare il patrimonio culturale della mia famiglia». E così ha iniziato a studiare (è enologo) e a rimboccarsi le maniche in quella terra che sa essere generosa solo con chi le giura dedizione eterna. Tra i rossi, il guerriero di famiglia è l’Aglianico in purezza Respiro, che nasce nello stesso vigneto di Valentina: le uve vengono raccolte rigorosamente a mano dopo un’accurata selezione dei grappoli. Il nome è un inno alla vita e trae origine da un aneddoto che lascia ben trasparire la filosofia aziendale: «Un operaio mi aveva dato buca e mi toccava scaricare da solo un camion di cassette d’uva. Diluviava ed ero distrutto, ma non potevo lasciare i grappoli sotto l’acqua. In mio soccorso arrivò mia moglie. Avevo il fiatone e lei mi disse: Alfonso sei ridotto malissimo, senti che respiro…». Non nasconde le difficoltà, ma ammette: «Non abbandonerei mai le vigne in cui sono nato». E per certi versi non lo fanno neppure le sue bottiglie: presente in Giappone, Belgio, Usa, Francia, Lussemburgo e Germania, Rotolo è tra i pochi ad essere fortemente radicato sul territorio. «Una soddisfazione in più, perché il mio impegno e la mia passione sono dedicati principalmente alla mia terra».

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