«Con i voucher sei ore di sacrifici e due retribuite»

Le testimonianze: «In molti casi questi strumenti sono impiegati in maniera impropria». ma c'è anche chi ha avuto esperienze positive

SALERNO. «Lavori sei ore e te ne pagano con i voucher soltanto due». Inizia con queste parole la testimonianza di Antonio (nome di fantasia), un ragazzo poco più che ventenne che lavora in uno dei tanti locali del Vallo di Diano. «I voucher sono una vera e propria fregatura per noi – spiega Antonio – perchè permettono al datore di lavoro di sfruttarci e poi stare tranquillo, perchè se dovesse arrivare un controllo noi sappiamo già che dobbiamo dire agli ispettori che abbiamo iniziato a lavorare da meno di un’ora, anche se poi stiamo lavorando già da diverse ore, e in questo modo il titolare dell’attività non rischia nulla e noi ci ritroviamo in tasca con meno di venti euro quando invece avremmo dovuto ricevere più del doppio».

Antonio ha lavorato in due locali in due diversi comuni del comprensorio nell’ultimo anno ed il sistema utilizzato è sempre lo stesso. «Non voglio generalizzare – continua – però ho la sensazione che questo uso improprio dei voucher venga fatto da molti imprenditori e purtroppo chi ha bisogno di lavorare si adatta e preferisce guadagnare poco piuttosto che non lavorare. Nella mia situazione ci sono tanti altri miei amici. Questo sistema è vergognoso e deve essere cambiato perché di fatto legalizza il lavoro in nero e nello stesso tempo fornisce un paracadute a chi fa il furbo».

Marco (il nome è di fantasia) è nato e cresciuto a Camerota, ha 41 anni e un diploma di geometra. Ufficialmente è disoccupato ma quando capita l’occasione lavora come cameriere in hotel e ristoranti. «Ho una famiglia sulle spalle – racconta – mia moglie fa la casalinga e le mie due bambine frequentano le scuole superiori. Ho bisogno di lavorare a tutti i costi». Anche se pagato con i voucher. «Ormai pagano tutti in questo modo – racconta con amarezza il 41enne – mi danno 7 euro e 50 ogni ora. I soldi guadagnati vengono accreditati su una specie di carta prepagata quasi sempre dopo alcune settimane».

Contento? «Ovviamente no. Mi chiamano anche la sera prima per un matrimonio o un’altra cerimonia. Ma sono costretto ad accettare, nonostante il metodo». Poi sbotta. «Non ho mai visto un contratto e non posso chiedere un prestito in banca. Come si può andare avanti così? Il governo dovrebbe fare di più per il lavoro. I voucher – conclude – sono il massimo della precarietà. La mia vita è instabile e, purtroppo, non vedo alternative». Ma non per tutti è così. Una testimonianza positiva con i voucher viene da un cilentano. Questi, così come sua moglie, per problemi di salute, non è in grado di svolgere mansioni molto pesanti per problemi alla schiena e non solo. Grazie alle borse lavoro organizzate dal Piano di zona S/8 (capofila Vallo della Lucania) è stato impiegato presso una società convenzionata con il comune.

«Sono impegnato – afferma – presso una società di servizi da dicembre e lo sarò per i prossimi 6 mesi. Il mio lavoro consiste nel fare fotocopie, protocollare documenti o altro. Con questo lavoro riesco a guadagnare 350 euro lordi, pagati con voucher, con i quali riesco a pagare il fitto della casa in cui abito e a provvedere ad un minimo di sostentamento familiare».

Il meccanismo di funzionamento è piuttosto semplice: «Esiste un registro firme dalle quali si evincono le mie ore di presenza a lavoro e alla fine del mese mi viene riconosciuto il voucher che provvedo a cambiare in contanti presso i tabacchi abilitati».

In questo caso, dunque, si è trattato di una esperienza positiva. «A me – precisa – questa tipologia di trattamento ha aiutato molto, consentendomi di trovare un impiego, seppure a tempo determinato, nonostante le mie non ottimali condizioni di salute».

(Erminio Cioffi, Vincenzo Rubano e Andrea Passaro)

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