la cgil denuncia

Commessi e magazzinieri strozzati da stipendi da fame

Commessi, cassieri, banconisti, magazzinieri. È un universo vario, immenso e sconosciuto quello composto da chi lavora all’interno di supermercati e punti vendita di grandi, medie e piccole catene...

Commessi, cassieri, banconisti, magazzinieri. È un universo vario, immenso e sconosciuto quello composto da chi lavora all’interno di supermercati e punti vendita di grandi, medie e piccole catene della grande distribuzione. In provincia di Salerno si immagina siano qualche migliaia. Si immagina, perché di numeri certi le organizzazioni sindacali non ne hanno. «Nel settore del commercio al dettaglio la rappresentanza sindacale nella nostra provincia è molto bassa, appena 200 iscritti con noi. E questo perché chi si avvicina a noi lo fa soltanto quando viene licenziato o ha problemi con il datore di lavoro». Maria Rosaria Nappa è segreteria provinciale della Filcams Cgil di Salerno e di storie di commessi, cassieri, banconisti e magazzinieri ne ha sentite di tante. Ma sempre dopo, quando il rapporto di lavoro cessava e allora il sindacato diventa l’unica porta dove bussare per cercare di ottenere quei diritti negati ai quali non ci si è opposti per paura di perdere il posto, anche se si lavora 7 giorni su 7, dalla mattina alla sera, per portare a casa stipendio che vanno dai 300 ai 1200 euro a seconda della tipologia di mansioni. «Ci sono commesse – racconta la segreteria della Filcams – che prendono buste paga da 7-800 euro ma alla fine si mettono in tasca tra i 300 e i 350 euro». È il meccanismo della restituzione: i datori di lavoro emettono buste paga più alte, emettono i bonifici in favore dei dipendenti i quali, una volta incassati, girano una somma che corrisponde a più della metà dello stipendio di nuovo al datore di lavoro. La pratica più diffusa è quella del reclutamento informale. «Molti dei grandi marchi presenti da noi – dice Maria Rosaria Nappa – sono in mano a singoli o a gruppi di imprenditori locali che selezionano il personale direttamente nel bacino di riferimento del punto vendita. E spesso queste selezioni avvengono sulla base di rapporti personali esercitando in buona sostanza una forma di ricatto che impedisce al lavoratore di ribellarsi a contratti capestro». Come quelle per il part-time che qui non viene inteso come scelta volontaria del lavoratore ma è a volte l’unica forma di contratto proposta. Così come sta cominciando a prendere piede anche l’assunzione di lavoratori attraverso l’utilizzo dei voucher giornalieri. E ultimamente, si sta anche cominciando a licenziare. Ne sanno qualcosa i circa 50 dipendenti dell’ipermercato Carrefour del Maximall di Pontecagnano, finiti in mobilità volontaria o in esodo. «Ma – è l’allarme della Filcams Cgil – con la riduzione degli spazi commerciali da 9mila a 3mila metri quadri, potrebbero essere a rischio anche gli altri 50 dipendenti ancora attivi». (m.a.c.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA