Cocaina mortale Il pusher non parla

Caso Mannina: Palladino non risponde al gip e resta in cella Anche Alfano, ai domiciliari per spaccio, sceglie in silenzio

Non parla, Ciro Palladino. Il 45enne di Torrione, arrestato con l’accusa di aver provocato,con lo spaccio di cocaina, la morte di Vincenzo Mannina, sceglie la linea del silenzio e non risponde alle domande del giudice delle indagini preliminari Maria Zambrano, che ne ha disposto la custodia cautelare in carcere. Assistito dall’avvocato Vincenzo Faiella, si è avvalso della facoltà di non rispondere. E la stessa scelta l’ha fatta il 35enne Enrico Alfano, che dalla sua abitazione di Fratte, dove è agli arresti domiciliari, ha raggiunto ieri mattina il terzo piano del Tribunale accompagnato dal difensore Stefania Pierro. Alfano non è coinvolto nella morte del 49enne di Sant’Eustachio, trovato senza vita l’1 aprile del 2016 nel suo appartamento di via Salvo D’Acquisto, ma a lui gli inquirenti sono arrivati intercettando il telefono cellulare di Palladino e registrando conversazioni in cui quest’ultimo avrebbe concordato l’acquisto di considerevoli quantitativi di stupefacente, che avrebbe poi rivenduto al dettaglio. Nei dialoghi lo stupefacente viene indicato con un linguaggio cifrato (trousse, occhiali...) e per il sostituto procuratore Elena Guarino, che ha condotto le indagini, il meccanismo rivela un modus opeperandi consolidato e un giro d’affari fiorente, che smerciava dosi da cento euro l’una. Poche ore prima di morire, Mannina ne chiese due: una alle 5 di mattina, l’altra alle 10. Secondo gli accertamenti medico legali si praticò due iniezioni in sole cinque ore, che insieme alla chinina utilizzata dal pusher per il taglio della droga, provocarono una morte per overdose. A chi gli avrebbe rifornito la cocaina i poliziotti della Squadra Mobile sono risaliti esaminando il suo cellulare, hanno trovato così gli ultimi contatti con un numero registrato sotto il nome “Michele Fra” e risultato intestato a Ciro Palladino. Sarebbe stato lui, quella mattina, a raggiungerlo per due volte dinanzi all’abitazione della zona orientale e a fornirgli la droga e la soluzione fisiologica per iniettarsela. Non poteva non prevedere – ha concluso il gip nell’ordinanza con cui ha disposto l’arresto – che quel quantitativo così elevato, in così poco tempo, avrebbe potuto provocare la morte.

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