L'intervista

Claudio Tortora e i ricordi dell'estate: «Lavoro senza rinunciare a un tuffo»

Il mare, gli scogli di Salerno e i vecchi stabilimenti degli anni '60

SALERNO. «Quest’estate l’ho vissuta come sempre: lavorando». L’attore e patrondel premio Charlot Claudio Tortora ci racconta la sua dimensione legata alla parola “estate” che vive al di là degli impegni legati al Premio Charlot che dirige da sempre.

C’è un momento che ritaglia solo per sé, almeno in estate?

«Mi riservo sempre un parte della giornata in cui devo andare al mare a fare la nuotatina, mi fa sentire che c’è l’estate e io la devo fare tutti i giorni. Per un paio d’ore, vado alla Baia a Salerno. Non di più, le cose che devo fare non mi consentono di prendere molto tempo. Sono un romantico, amo gli scogli e tutta quella zona lì dove ci sono i vecchi stabilimenti degli anni '60 in cui andavo già da ragazzino».

Come ha vissuto le sue estati da ragazzino?

«Erano estati favolose e spensierate, ci si accontentava di poco e si viveva in compagnia, tra chitarra, canzoni, coca cola e pizzette. Era tutto quello che potevamo permetterci. Soprattutto c’era tanta voglia di stare insieme: gli innamoramenti, le coccole. Io strimpellavo il piano, da giovanotto iniziai a suonare. Salerno era piena di orchestrine e complessi locali. Si faceva tanta musica sui lidi: ricordo “Il saraceno” a Conca dei marini o “Il Saracino” ad Agropoli. E poi c’era il mio, “Il girasole”. All’età di 21 anni rilevai un locale a Paestum in aperta campagna molto carino e diventò un posto alla moda. Gli ospiti erano Fausto Papetti, Bruno Martino, Ornella Vanoni, c’era tutta Salerno. Era un locale alla moda. L’estate l’ho sempre vissuta all’insegna della musica e degli spettacoli. E poi e poi ho continuato in questa direzione».

Come era l’estate a Salerno in quegli anni?

«Non voglio fare il sentimentale o lasciarmi andare ai rimpianti perché non mi piace. Ma devo dire che, allora, era tutto più naturale. Era una dimensione più piccola in cui ci si incontrava e conosceva tutti. Pur non avendo i telefonini, tutti sapevano tutto, comunicavamo con i segnali di fumo. Si respirava un’aria bellissima e anche il mare era stupendo. Solo una cosa non è cambiata: i gelati del Nettuno che erano sempre gli stessi, sempre buoni. Il Nettuno era il punto di riferimento più importante, lì c’era la movida. Ci si spostava dal Nettuno al bar Varese, era lì che ci si vedeva per andare in Costiera Amalfitana dove la notte era magica. Incontravamo le svedesi, le uniche con cui si parlava di amore libero ma poi le conoscevi e ti rendevi conto che neanche con loro era così».

Le prime vacanze che ha fatto da solo?

«Da giovane andavo sempre all’estero, in questo senso non mi son mai fatto mancare niente. Le mete erano Praga e tutta la costa slava. Sono stato a Vienna. I paesi del nord erano la destinazione principale, soprattutto la Germania. Si viaggiava per andare a visitare il mondo. Poi, da quando mi sono sposato, ho fatto scelte diverse. Nel senso che ho voluto fortemente visitare l’Italia e all’estero vado spesso solo in Costa Azzurra dove sono stato tantissime volte con mia moglie. Infine, sono un appassionato di crociere. Mi piace far parte di una dimensione in cui non devi programmare niente: io che devo programmare un anno intero. Quando son lì voglio leggere solo il programma di bordo».

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