Clan nell’Irno, Izzo nega: «Io vittima»

L’imprenditore ammette solo i favori nelle assunzioni: «L’ho fatto perché avevo paura, ma con il racket non c’entro»

MERCATO SAN SEVERINO. Ammette solo le assunzioni di persone gradite al clan di Pietro Desiderio, ma per il resto Michele Izzo nega ogni collusione con il sodalizio criminale e smentisce anche il coinvolgimento nelle estorsioni, alcune delle quali sarebbero avvenute secondo gli inquirenti nella sede della sua azienda a Mercato San Severino. Interrogato nell’ospedale di Salerno (dove è ricoverato per il malore accusato subito dopo l’arresto) l’imprenditore nocerino ha provato a chiamarsi fuori da un’inchiesta che ha ricostruito le pressioni di un gruppo di matrice camorristica su un territorio che va da Baronissi a Nocera Superiore. Izzo, che lavora nell’ambito dell’allestimento fiere con la sua ditta “Amg promozioni”, avrebbe dapprima subìto un’estorsione ma sarebbe poi divenuto complice degli affari illeciti, al punto che il sostituto procuratore antimafia Giancarlo Russo gli contesta il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e il gip Piero Indinnimeo, che ha disposto la custodia cautelare in carcere, lo ritiene del tutto organico al presunto clan. Ieri, assistito dall’avvocato Enrico Bisogni, l’imprenditore ha però negato, spiegando di avere accettato di assumere alcune persone del sodalizio solo per timore di ritorsioni, dopo che nel 2014 aveva subìto nella sua azienda un primo attentato. Per la Procura è andato invece ben oltre, garantendo al clan servizi di parcheggio e guardiania e, soprattutto, facendo da intermediario perché altri imprenditori accettassero di buon grado le richieste estorsive del gruppo criminale.

A capo dell’organizzazione gli inquirenti hanno individuato il paganese Pietro Desiderio, che dal 25 marzo è in carcere a Fuorni e ieri ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Era nella sua abitazione di Mercato San Severino, dove era agli arresti domiciliari, che si sarebbero svolte le riunioni organizzative del clan, si sarebbe conservata e tagliata la droga e sarebbero stati eseguiti anche alcuni pestaggi, per convincere i debitori a saldare i conti. Lui ha scelto ieri la linea del silenzio, al pari di Vincenzo Senatore e di Michele e Vincenzo Villani, anche loro ritenuti organici all’associazione camorristica.

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