Cinque indagati per la morte dell’imbianchino di 69 anni a Salerno

Ci sono anche l’amministratore della clinica “Tortorella” e l'imprenditore edile incaricato della ristrutturazione

SALERNO. Ci sono cinque indagati per la morte di Luigi Gaeta, l’imbianchino che a 69 anni stava lavorando mercoledì pomeriggio in un locale terraneo di via Renato De Martino, al Carmine, ed è precipitato da una scala. Sotto inchiesta, con l’accusa di omicidio colposo, sono finiti i due medici che l’hanno soccorso (per verificare che non vi siano stati ritardi o negligenze), l’amministratore delegato e un impiegato della casa di cura “Tortorella” (che risulta committente dei lavori di manutenzione straordinaria del locale) e il titolare dell’impresa edile a cui quella ristrutturazione era stata affidata. La Procura vuole accertare innanzitutto chi sia stato a incaricare Gaeta della tinteggiatura dell’immobile, visto che dai primi accertamenti l’uomo non figura tra i dipendenti dell’impresa a cui Giuseppe Tortorella e Paolo Lubrano (rispettivamente amministratore della clinica e dipendente delegato alle forniture di beni e servizi) avevano assegnato il lavoro. L’imprenditore, Antonio Leone di San Cipriano Picentino, ha preferito per ora non rispondere alle domande degli inquirenti, ma trapela la tesi difensiva che il cantiere non fosse stato ancora allestito. Una tesi che il sostituto procuratore Vittorio Santoro sta verificando in queste ore con l’acquisizione di atti e testimonianze, per definire la ripartizione di eventuali responsabilità tra esecutore e committente dell’intervento di manutenzione.

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Dopo l’autopsia eseguita ieri mattina sembrano invece defilarsi le posizioni dei due medici. Gaeta sarebbe stato già senza vita quando dalla strada è stata richiamata l’attenzione del cardiologo che in quel momento stava uscendo dalla “Tortorella” per la fine del turno di lavoro, e né lui né il rianimatore giunto poco dopo hanno potuto far nulla – nonostante le manovre salvavita – per evitare la tragedia. Sono stati iscritti nel registro degli indagati per consentirgli di partecipare con un consulente di parte (il medico legale Antonello Crisci) all’esame autoptico effettuato nell’obitorio del “Ruggi”, ma i primi esiti dell’accertamento lasciano ipotizzare per loro un provvedimento di archiviazione. Più complessa la posizione degli altri coinvolti, su cui le indagini dei poliziotti delle Volanti,coordinati dal vice questore Rossana Trimarco, continueranno ancora nelle prossime settimane con l’esame della documentazione sia nell’impresa edile sia nella struttura sanitaria e all’Inps, per verificare la posizione lavorativa del 69enne. Per chi lo conosceva era “mastro Luigi”, sorta di operaio tuttofare che nonostante l’età continuava ad arrangiarsi con qualche lavoretto. Abitava con la moglie Rosa e uno dei tre figli in via Salita San Giovanni, a Cappelle, ma molto della sua vita lo trascorreva al Carmine, dove in tanti sapevano del suo lavoro e dove mercoledì ha trovato la morte. Il locale che stava imbiancando era stato preso in fitto dalla vicina clinica Tortorella, che poi ne aveva disposto la ristrutturazione. A scorgere il corpo di Gaeta sul pavimenti, riverso tra i barattoli e accanto alla scala che stava utilizzando per imbiancare la parte alta dei muri, è stato un operaio della manutenzione della clinica. Lo ha visto a terra e ha subito avvertito con una telefonata il 118 e dato l’allarme al medico cardiologo che si trovava nelle vicinanze. Non c’è stato nulla da fare. Dai primi esami risulta che Gaeta sia morto quasi sul colpo, ucciso dal trauma toracico provocato dalla caduta. Chi gli avesse detto di salire su quella scala e tinteggiare le pareti, senza peraltro che fossero predisposte misure di sicurezza, è quello che le indagini della Procura vogliono chiarire.

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