Cinque in aula per la morte di Samanta

La donna arrivò al “Ruggi” dopo il parto alla “Tortorella” di Salerno. A giudizio tre medici e due ostetriche della clinica

Cinque persone rinviate a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per la morte di Samanta Pillot, la donna di Battipaglia deceduta all’ospedale “Ruggi d’Aragona” di Salerno nel gennaio del 2012, dopo un parto con taglio cesareo alla clinica Tortorella di Salerno. Si tratta di due medici chirurghi, Vincenzo Longo e Giuseppe Pisaturo, del medico Biagio Criscuolo e delle ostetriche Mariarosaria Sorrentino e Daniela Assuntore. Il rinvio a giudizio dei cinque professionisti, tutti in servizio alla clinica, è stato disposto ieri mattina dal giudice dell'udienza preliminare De Simone (che ha sostituito sul caso Vito Di Nicola, trasferito presso altra sede) su richiesta del pubblico ministero Elena Cosentino, nel corso dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Salerno. La prima udienza di merito è stata fissata per gennaio del 2014. Si sono costituiti parte civile il marito di Samanta, Fabio Mirra, e la madre, Gisella Pillot, entrambi difesi dall’avvocato Vincenzo Forte.

Samanta, 32 anni, era deceduta il 23 gennaio dello scorso anno all’ospedale di Salerno dopo un coma di circa una settimana, in seguito ad un parto eseguito con il taglio cesareo per dare alla luce il quinto figlio, eseguito presso la clinica Tortorella. All’epoca dei fatti era stato aperto un fascicolo dalla Procura di Salerno per omicidio colposo dopo la denuncia dei familiari tramite l’avvocato Forte, iscrivendo nell’elenco degli indagati le cinque persone che da ieri sono imputate.

La donna, per cui si era mobilitata gran parte della popolazione battipagliese, sconvolta dalla tragedia, aveva appena dato alla luce il quinto figlio. Un gesto di solidarietà estrema era partito dalla famiglia, che aveva scelto di asportate le cornee della trentaduenne, donate ad una persona che era in lista d’attesa per il trapianto.

I familiari vogliono conoscere la verità su una vicenda che presenta ancora molti punti oscuri. Si chiedono perché la donna sia giunta all’ospedale di Salerno in choc ipovolemico, determinato da una rapida diminuzione del volume di sangue circolante. Samanta era stata trasportata al “Ruggi” con l’emorragia ancora in atto - questo è un passaggio importante da chiarire - era pallida, presentava tachicardia, sudorazione fredda e abbassamento della pressione arteriosa. L’obiettivo della Procura è stabilire se l’emorragia sia stata determinata da un’arteria recisa per errore o da una reazione naturale della donna, in risposta ad una situazione di stress alla quale era stata sottoposta.

Ci sono ancora altri interrogativi, non solo dei familiari ma degli organi inquirenti, ai quali dare risposta. Dovranno essere valutati i tempi d’intervento dei medici per tamponare l’emorragia arteriosa - a quanto pare dilatati secondo quanto testimoniato dai familiari della trentaduenne - e se, dunque, siano stati determinanti nel compromettere lo stato di salute di Samanta. La donna era stata sottoposta a più di una trasfusione. Presso la clinica Tortorella erano state utilizzate, secondo i parenti, cinque sacche di sangue per “rimediare”. Al “Ruggi”, dove è arrivata in condizioni disperate, ne erano state utilizzate altre sedici. Cosa è successo lo chiarirà il processo, nel corso del quale saranno ricostruiti gli eventi clinici che si sono susseguiti in sala operatoria alla clinica Tortorella. Si dovrà fare chiarezza anche sui tempi intercorsi tra l’aggravamento della donna dopo il cesareo e il successivo intervento.

Anche se nulla potrà ridare il sorriso ad una famiglia che da quasi due anni soffre la mancanza di Samanta.

Francesco Piccolo

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