Cicalese accusa l’ex sindaco «Minacce e spinte da Gambino»

Il teste al processo Linea d’ombra bis: «Venne a Pagani dove lavoravo e mi fece cadere a terra» Chiesta l’audizione del boss Contaldo: progettava un attentato contro il consigliere regionale

PAGANI. Il boss Sandro Contaldo progettava un attentato contro Gambino e i fratelli Michele e Antonio Petrosino D’Auria. Su questa circostanza, mai riferita prima in un’aula giudiziaria, la dda chiede la deposizione dell’ex capoclan delle palazzine al processo d’appello Linea d’ombra.

La richiesta è stata presentata ieri pomeriggio al palazzo di giustizia di Salerno al termine dell’udienza del processo bis, che vede imputati tra gli altri i fratelli Petrosino, entrambi in carcere e presenti, e l’ex sindaco e ora consigliere regionale uscente Alberico Gambino, impegnato nella campagna elettorale con Caldoro nonostante la fase cruciale del procedimento e l’inchiesta “Criniera” vicina all’udienza preliminare.

Ieri in aula ha anche deposto il teste Giacomo Cicalese, che pure ha messo in fila tra mille timori una vicenda di intimidazioni subite, a suo dire, dallo stesso Gambino, allora incontrastato primo cittadino di Pagani, da Michele D’Auria Petrosino e altri loschi personaggi, in qualche modo vicini all’aministrazione e al clan Fezza-Petrosino di Pagani. Cicalese, alias “Giacomino”, da oltre vent’anni impegnato nel servizio parcheggi in città, divenuto poi presidente della cooperativa parcheggiatori paganesi e ancora presidente di una ulteriore società impegnata nella gestione del servizio, nel 2008 fu buttato fuori dal lavoro, di colpo, almeno secondo la sua versione dei fatti.

La storia raccontata in aula ieri, che coincide con il passaggio di consegne ad altre due società, la prima facente capo a Gerardo Pagano, la seconda intestata alla moglie di Michele Petrosino D’Auria, è al centro della indagine “Criniera”, dove la signora D’Auria è sotto inchiesta quale prestanome. «Il signor Gambino venne sotto il parcheggio e disse te ne devi andare – ha detto in aula “Giacomino” - mi ha spinto, mi ha detto te ne devi andare, io sono andato a terra, sono svenuto, poi è andato pure vicino a mia moglie, con lui c’era Pandolfi Elettrico e poi in un secondo momento è tornato con due, tre vigili urbani e ha dato ordine di fare multe alle macchine».

Cicalese, tutt’altro che tranquillo, ha continuato a rispondere, pur esitando, pur incassando gli attacchi dei difensori degli imputati, che ricordavano due procedimenti a suo carico, proprio per la gestione dei parcheggi, dove risponde di truffa. «Non ho denunciato perchè avevo paura. Poi dopo il fatto di Gambino, a casa mia vennero Confessore, non mi ricordo il nome, e Franco Schiavo, che volevano i parcheggi e basta, loro volevano i parcheggi. Michele D’Auria è venuto da me, mi ha detto fatti i fatti tuoi, basta. Quegli altri mi avevano detto che mi dovevo togliere da mezzo».

La vicenda ha attirato le domande della corte, che ha chiesto precisazioni a Cicalese. «Il sindaco è venuto –ha ricordato Cicalese - era già deciso che me ne dovevo andare, era un piattino fatto, si sapeva già. Lui spingeva, faceva il pazzo”. Il pm Montemurro gli ha contestato le intimidazioni di Michele Petrosino, che gli aveva detto di non denunciare, che i parcheggi interessavano a lui, e Cicalese ha confermato. Gli avvocati in aula hanno annunciato un documento nel quale i suoi colleghi parcheggiatori (tutti assunti dalla successiva società) confermavano la malagestione da parte sua. «Decisi di dire tutto ai carabinieri perché durante il processo Linea d’ombra, trasmesso in tv, mi dissero che gli avvocati mi avevano chiamato ladro».

Ieri in aula ha deposto anche l’ultimo collaboratore, Attilio Principale, che nel 2003 era detenuto a Fuorni con Michele Petrosino. L’angrese dell’omonimo gruppo criminale, vicino ai Greco, ha raccontato delle mire politiche del gruppo Petrosino, interessati ad affari e servizi del comune di Pagani, da ottenere con il sostegno elettorale. «Me lo disse in carcere, ma non fece nomi di politici».

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