Ci fu mobbing, condannato il ministero dell’Istruzione 

La Corte d’Appello di Salerno ha dato ragione alla professoressa Teresa Masi Subì vessazioni dalla preside Caterina Cimino che le provocarono la depressione

Per i giudici della Corte di Appello di Salerno attuò una serie di comportamenti vessatori nei confronti della docente Teresa Masi, che per tali motivi cadde in una profonda depressione. Così le azioni dell’allora preside dell'istituto “Genovesi-Da Vinci”, Caterina Cimino, hanno portato il Ministero dell’Istruzionea essere condannato per mobbing e a pagare un cospicuo risarcimento danni alla docente di discipline economiche e giuridiche. Tutto ha avuto inizio nel dicembre 2008, quando la Masi decise di denunciare la dirigente scolastica dell'istituto di via Principessa Sichelgaita, all’epoca dei fatti vice-presidente dell’associazione nazionale presidi e attualmente in pensione dal primo settembre scorso. In quella scuola, secondo la tesi del pm titolare dell’inchiesta, Mariacarmela Polito, la Cimino avrebbe posto in essere una sequela di condotte vessatorie, ingiuriose, minatorie, diffamatorie, tese ad annientare la persona e ad isolarla nel contesto lavorativo. Nel mirino sono finiti disciplinari e rimproveri comminati davanti agli alunni, in cui si bollava l’insegnante come una assenteista.
Ammonimenti immotivati secondo la Masi, che assistita dagli avvocati Dario Lisanti, Marco Martello e Marco Torre, in questi anni ha spiegato di aver comunicato alla scuola la patologia tumorale che la costringeva a periodiche sedute di radioterapia. Per la preside, difesa dal legale Agostino De Caro, le assenze sarebbero state invece riconducibili all’attività professionale dell’insegnante, che è anche avvocato. Tutto è poi culminato con l’invio di due visite fiscali a casa della Masi nonostante, secondo la docente, sarebbe stata lontana dalla propria abitazione per la terapia post operatoria. Dopo la sentenza di primo grado, che non aveva accettato la tesi del mobbing e solo revocato i provvedimenti disciplinari, il collegio giudicante della Corte d’Appello (presidente Vincenzo Vignes, a latere Gabriele Di Maio e Mauro Casale) ha riconosciuto anche le lesioni gravi, in quanto avrebbe cagionato alla docente un disturbo depressivo ansioso con una invalidità parziale permanente. La sentenza, destinata a fare giurisprudenza nel mondo in Italia, pone un riflessione sull’autonomia assunta dai presidi negli ultimi anni. Ora la vicenda potrebbe anche arrivare in Corte dei conti, con i magistrati che potrebbero chiedere al Ministero condannato di rivalersi sulla preside Cimino, lavoratrice del dicastero le cui azioni sono state ritenute persecutorie, per il risarcimento alla Masi e alle spese legali.
Domenico Gramazio
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