Chiesti dodici anni per Zi’ Peppe 

Estorsioni e droga: le richieste del pm a carico degli eredi del gruppo di Matrone

Chiesti dodici anni di carcere per Giuseppe Buonocore, detto “Zi’ Peppe Scafati”: l’uomo, diventato il riferimento del clan Matrone, stava facendosi strada nella gerarchia delinquenziale a colpi di estorsioni e affari nel mondo della droga. È la pena più grave chiesta ieri dal pm Giancarlo Russo, nella requisitoria del giudizio abbreviato in sede di udienze preliminare.
Undici sono gli imputati eredi del gruppo di “Franchino ’a Belva”, quel Francesco Matrone detenuto a Milano-Opera, che hanno scelto il rito alternativo. Secondo la Dda di Salerno, Buonocore, che è il genero di Matrone, aveva creato un nuovo gruppo criminale che stava occupando gli spazi liberi lasciati dalle precedenti operazioni anticamorra. Presentandosi sotto il nome dei Matrone, avevano sbaragliato il clan Loreto-Ridosso e quello dei Cesarano di Ponte Persica tra Castellammare e Pompei, intenzionato ad imporre la supremazia su Scafati. Un’associazione per delinquere che si stava imponendo sul territorio con grande celerità.
Di questo nuova consorteria criminale facevano parte – secondo la procura – gli scafatesi Francesco Beritto (per il quale il pm ha chiesto 3 anni di reclusione), Vincenzo Muollo (5 anni) detto “’O Lallone”, Vincenzo Nappo (5 anni), detto “’O nonno”, Giovanni Barbato Crocetta (7 anni), Pasquale Panariello (8 anni) e Marcello Panariello (3 anni). Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Gennaro De Gennaro, Pasquale Morra, Stefania Pierro e Massimo Torre. Il pm Russo ha chiesto, inoltre, la condanna di Pasquale Palma, di Torre Annunziata (5 anni) e Nicola Patrone di Giugliano in Campania (4 anni e 6 mesi). Assoluzione, invece, per Elvira Improta di Scafati.
Le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Salerno, avviate lo scorso anno, hanno ricostruito l’intensa attività messa in piedi da Buonocore. I nuovi adepti si muovevano al grido di “Ci manda Zi’ Peppe!” e chiedevano soldi alla vecchia maniera per i carcerati. Nel mirino finiscono alcuni supermercati, una tabaccheria, un ristoratore. I carabinieri intercettano le conversazioni dove si parla di spari e bombe. Le indagini raccontano anche di armi a disposizione del nuovo gruppo. Il centro di aggregazione del clan era il Roxy Legend Bar, riconducibile alla famiglia di Zi’ Peppe, oggetto di un’esplosione nell’ambito della lotta sugli affari delle slot machine.
Massimiliano Lanzotto
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