Chiedono soldi per le aree espropriate

Avvisi recapitati ai vecchi proprietari dei suoli. Sanzionato anche chi ha pagato per una superficie maggiore di quella reale

Non solo case “fantasma” ma pure terreni espropriati da anni che, inspiegabilmente, sono tornati, come per magia, nella disponibilità dei loro proprietari originari. Sono alcuni casi limite degli avvisi di accertamento inviati dalla Soget, per contestare il mancato pagamento di Ici e Tarsu a molti contribuenti salernitani. Avvisi di pagamento che sono diventati, in quest’ultimo periodo, un vero e proprio incubo per gli utenti, un fattore a rischio anche per la salute, viste le cifre da sborsare per la presunta evasione. E, così, ogni giorno, negli uffici della società, la processione degli utenti infuriati, per usare un eufemismo, è continua e il via vai intenso in tutte le ore. A chiedere spiegazioni sono in particolar modo pensionati che, con tanti sacrifici, si spingono fino in via Galloppa per far valere, carte alla mano, i propri diritti e per avere delucidazioni. I più fortunati, invece, inviano in avanscoperta i loro commercialisti per discutere le anomalie, a volte macroscopiche, contenute negli avvisi. Perché, in certi casi, le sviste sono veramente clamorose, al di fuori di qualsiasi logica che imporrebbe, alla società addetta alla riscossione, di controllare preventivamente se le contestazioni possano avere o meno riscontro con le realtà. È il caso di una richiesta di pagamento Ici, per un totale di oltre 62mila euro, inviata ad un contribuente, che vuole restare anonimo, per un capannone industriale edificato su di un terreno espropriato dall’Asi nel lontano 1981. Allo stesso modo a Ugo Viola è stato chiesto di mettersi in regola con i pagamenti per un’area di 20mila metri quadrati, espropriata nel 1970, che venne utilizzata per costruire la tangenziale. «In totale – evidenzia Viola – mi viene addebitato, per il biennio 2007-2008, una cifra di circa 69mila euro, riguardante terreni edificabili, situati in via Dei Carrari, nonostante io sia coltivatore diretto e abbia mantenuto la loro destinazione agricola. E, dunque, secondo la normativa vigente, non debba corrispondere queste somme».

Ma gli errori o, meglio, le topiche sono anche altre e riguardano pure abitazioni fantasma. C’è chi, come Pasquale Annunziata, si è visto notificare una cartella di pagamento di 36mila euro. Fatto sta che nell’elenco degli immobili per i quali non avrebbe corrisposto quanto dovuto, sono inclusi anche sei appartamenti che non rientrano nel suo patrimonio. Oppure la storia di Vincenzo Napoli, residente da oltre trent’anni a San Mango, al quale viene chiesta l’Ici per un appartamento a Fratte, ceduto nel 2000.

Insomma sembra proprio che, in parecchi casi, si sia fatta tanta confusione nell’incrociare gli elementi contenuti nelle banche dati di vari enti. A pagare le conseguenze degli errori, comunque, saranno sempre i cittadini, perché se le anomalie non verranno correte d’ufficio, dovranno fare ricorso, entro 60 giorni dalla notifica, alla commissione tributaria. «Io ho sempre pagato la Tarsu– evidenzia Salvatore Di Lorenzo – in base ai calcoli secondo i quali la mia abitazione era di 100 metri quadrati e, quindi, ho corrisposto ogni anno la cifra relativa a questa superficie. In seguito alle verifiche, fatte dagli stessi addetti della Soget, l’appartamento di mia proprietà, nella palazzine popolari di Torrione, è risultato di 90 metri quadrati. Mi sarei aspettato un rimborso ma, al contrario, mi hanno contestato una dichiarazione infedele, chiedendomi il pagamento di altri 932 euro».

Gli avvisi della Soget sono stati inviati pure chi deve fare i conti, ogni giorno, con la sopravvivenza “economica”, in virtù della recessione che attanaglia il nostro Paese. E, così, pure una contestazione di qualche centinaio di euro, può rappresentare una dannazione. Come per Mario Caracciolo, tappezziere, che nel suo laboratorio, in via Emanuele Nuzzo, di 25 metri quadrati, combatte con la crisi e con i conti da pagare. Tra quest’ultimi pure i 500 euro, richiesti dalla Soget, per un piccolo soppalco. «In questo modo mi costringono a chiudere – si lamenta Caracciolo – Intendo pure pagare, ma devono almeno spiegarmi per cosa visto che il soppalco non è neppure calpestabile».

Gaetano de Stefano

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