Centro sociale svuotato dalla concorrenza 

La struttura di Pastena ospita laboratori di teatro e danza, eventi e open day. Ma di mattina e in estate le sale sono vuote

Nel 1980, all’indomani del terremoto, i lavoratori di Cgil, Cisl e Uil raccolsero dei fondi per la realizzazione, tra Basilicata e Campania di 23 centri sociali. Per quello di Salerno, si combatté, nel comitato culturale nazionale perché fosse più grande rispetto a quelli della provincia e perché fosse realizzato in periferia. Si scelse Pastena per quello che, nelle intenzioni di chi lo immaginava, doveva essere una sorta di Beaubourg salernitano. Attualmente, e dopo varie traversie, il centro sociale di Pastena è occupato da alcuni uffici comunali e dei sindacati.
Il cuore della struttura con le tre sale, una polifunzionale da 450 posti, una da ballo e un’altra (anche adatta per il cinema) con 140 sedute sono gestite da Salerno solidale. Spazi che la società del Comune mette a disposizione di coloro che ne fanno richiesta a fronte di costi precisi; tra i 300 e i 400 euro per il fitto della sala grande; dai 130 ai 180 euro per quella più piccola. «Sono spazi che mettiamo a disposizione previo pagamento, poi ci sono una serie di giornate (30) ad appannaggio del Comune per eventi istituzionali con le associazioni, quindi abbiamo due convenzioni per altrettanti laboratori teatrali e c’è un’associazione di ballo che fa lezioni di tango. Inoltre – spiega la presidente di Salerno solidale Filomena Arcieri – noi organizziamo il ballo per gli anziani ogni martedì, mentre le scuole tengono qui tutti i loro open day. Sale, quindi, quasi sempre impegnate – assicura – eccetto che la mattina e d’estate». Anche se, ammette Arcieri, «si potrebbe fare certamente di più. Anche se va comunque sottolineato che ora gli spazi a disposizione sono aumentati, ad esempio la fiera “Oggi sposi” non si fa più qui, abbiamo dei corsi di formazione per gli esami di avvocato, ma non più le sessioni vere e proprie». Insomma, la concorrenza aumenta e gli spazi del Centro sociale perdono eventi importanti, capaci di incidere veramente sul tessuto cittadino in cui si trovano. E il nodo, forse è proprio questo: manca a quella struttura una spinta propulsiva, un’energia sua capace di essere di impatto positivo anche sul quartiere e sulla città?
«È doveroso premettere che con la realizzazione di altri spazi al centro della città, come la sala Pasolini piuttosto che il Ghirelli (anche se con i suoi problemi), lì la domanda è andata calando. Ciò, però, non toglie che si debbano immaginare altri tipi di iniziative di promozione sociale più che di consumo», fa notare Franco Alfano, ex assessore ed ex membro del comitato di gestione che avrebbe dovuto coordinare e promuovere le attività culturali e spettacolari nel Centro sociale, ma che non è mai veramente stato messo in condizione di operare concretamente.
«In quegli spazi – precisa – andrebbero immaginate operazioni di formazione del tessuto culturale, pensando a un ruolo anche di consumo culturale, ma molto più rivolto verso il territorio nel quale si trova. Per fare questo – evidenzia – servono fondi, oppure relazioni e messa in rete di tutte quelle realtà associative che sono presenti in zona e poi in città. Non so se Salerno solidale ha questa funzione istituzionale, ma intessere relazioni e puntare sulla dinamica sociale è l’unico modo per ridare vita a quegli spazi».
Quali fossero le intenzioni degli albori lo ricorda bene Mario Schiavino che, insieme all’allora segretario cittadino della Cgil, Francesco D’Acunto, fu tra coloro che sognarono a Pastena un Centro Pompidou e che, successivamente fece parte del mai operativo comitato di gestione. «Non si tratta di domandarsi se è stata un’occasione persa o se si stanno sprecando quegli spazi – considera – quelli erano altri tempi storici e politici, piuttosto va apprezzato il fatto che ci siano. Poi, con maggiore propulsività si potranno anche far vivere meglio di come è ora», conclude.
Eleonora Tedesco
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