Cava con rifiuti tossici. E il Comune paga

A Trivio sono stati smaltiti illegalmente i fanghi della frana di Sarno. I titolari dell’area chiedono i danni per l’occupazione

CASTEL SAN GIORGIO. Sono circa 2 milioni di euro, l’ammontare del risarcimento che il Comune di Castel San Giorgio dovrà sborsare dopo la sentenza del Consiglio di Stato sui fanghi della frana di Sarno, stoccati nella cava di Trivio di cui è proprietaria la Sicob srl di Sarno. Eppure, il comune, adesso retto dal sindaco Pasquale Sammartino, ha trovato la forza di chiedere la sospensione della sentenza.

A confermarlo, il segretario cittadino Pd e portavoce dello staff amministrativo Mattia Faiella. «Abbiamo chiesto una sospensione della sentenza. L’avvocato unico che sta seguendo il caso è il professor Giovanni Caliulo di Salerno con perito di parte D’Anna». Ora si aspetta un ulteriore pronunciamento sulla richiesta della sospensione, previsto per il prossimo 27 agosto. «Questa sentenza oltre a crearci il danno ci impone anche la beffa – continua Faiella – Sembra infatti che l’allora sindaco di Castel San Giorgio, Giuseppe Alfano, avesse emanato solo un’ordinanza che permetteva di depositare per dieci giorni questi rifiuti che poi avrebbero dovuto essere rimossi». E qui sta il problema che ha rotto il giocattolo. Quell’ordinanza fu infatti scavalcata dal presidente della Regione, Bassolino, perdendo di valenza. I rifiuti rimasero per anni. Per la precisione, sono passati ben 17 anni da quando la cava di Trivio, località del rurale Comune di Castel San Giorgio, accolse i fanghi della frana di Sarno.

Tutti hanno ancora negli occhi gli eventi che angosciarono la Campania e l’Italia, tra il 5 e 6 maggio 1998, nei territori di Siano, Sarno e Bracigliano. La cava di Trivio fu occupata per diversi anni, oltre il termine stabilito nelle ordinanze, per cui la società Sicob proprietaria presentò ricorso davanti al tribunale civile di Salerno, il Tar Campania e Tar Lazio.

«Stiamo valutando ipotesi di transazione riducendo di parecchio le cifre, altrimenti andremo avanti con le varie impugnative per far valere le nostre ragioni», tuona Faiella. La cava di Trivio era di proprietà della famiglia di costruttori Rainone, poi divenuta Sicob srl. Serviva per fornire materiale per la realizzazione dell’A30. Buona parte di materiale di costruzione dell’autostrada venne prelevato proprio qui a Castel San Giorgio.

Poi divenne deposito dei fanghi della tragica frana avvenuta nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1998. «Hanno scaricato quel materiale in una zona vincolata fin dal 1984», spiega Francesco Di Pace, presidente Legambiente Circolo Castel San Giorgio e memoria storica dell’intero comprensorio tra Valle del Sarno e Valle dell’Irno.

«Il Comune dovette subire quei fanghi e adesso si ritrova a dover pagare», continua Di Pace. «All’epoca c’era un vincolo paesaggistico e archeologico imposti l’uno da De Cunzo e l’altro da Johannowsky». Fu proprio Di Pace ad intitolare la zona “Collina del Drago”, un tratto di importanza storica che va da Torello a Codola e al cui interno insiste proprio la cava di Trivio della Sicob srl.

«Il sindaco Sammartino deve opporsi a questa determinazione. Se ci sono stati errori, si devono porre correzioni. Dopo la distruzione del nostro paesaggio in una zona vincolata – continua Di Pace – la roditrice Sicob ha il coraggio di richiedere i danni al Comune di Castel San Giorgio. Continua il disegno criminoso. L’affare è ghiotto. Resta da scoprire chi sono i mallevadori faccendieri nostrani».

Secondo la sentenza del Consiglio di Stato, la Regione Campania ed i Comuni di Castel San Giorgio, di Bracigliano e di Siano, sono stati condannati in solido tra loro a corrispondere il risarcimento del danno in favore della proprietaria Sicobs.r.l. per il periodo di occupazione illegittima.

La somma di risarcimento totale ammonta a circa 7 milioni di euro. Una vicenda molto complessa.

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