politica e giustizia

Caso Severino, De Luca quasi salvo

Il suo nome è stato stralciato dalla lista degli indagati, si va verso una richiesta di archiviazione delle accuse

SALERNO. La Procura di Roma ha chiuso le indagini sul caso Scognamiglio-De Luca, ha confermato nei confronti del giudice l’accusa di pressioni per le nomine nella sanità (in cambio di una sentenza che non applicasse al presidente della Regione la legge Severino), ma ha cassato dalla lista degli indagati il nome più importante: quello di Vincenzo De Luca. Uno stralcio che rende probabile per il “governatore” una richiesta di archiviazione che soltanto nelle prossime settimane (in caso di accoglimento da parte del giudice delle indagini preliminari) gli sarà notificata.

Il presidente. Significa che avrebbe retto al vaglio degli inquirenti la tesi difensiva sostenuta da De Luca sin dal principio: quella secondo cui il capo della sua segreteria, Nello Mastursi, lo avrebbe tenuto all’oscuro di tutto e lui risulterebbe “parte lesa” in una vicenda concussiva con cui qualcuno avrebbe tentato di orientarne le sue scelte nelle nomine dei dirigenti per la sanità campana. Una tesi avallata dai silenzi dello stesso Mastursi, che nel corso degli interrogatori non ha mai tirato in ballo il “governatore”, e che non sarebbe stata smentita dagli accertamenti che gli inquirenti hanno eseguito su computer e telefoni cellulari.

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Gli indagati. L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato, oltre che a Mastursi, al giudice napoletano Anna Scognamiglio, al marito Guglielmo Manna, all’avvocato napoletano Gianfranco Brancaccio, all’infermiere Giorgio Poziello dell’ospedale Santobono, e all’avellinese Giuseppe Vetrano, candidato alle scorse regionali nella lista “Campania libera” e coordinatore nella provincia di Avellino delle liste a sostegno di Vincenzo De Luca. L’accusa è quella di concorso in “induzione indebita”, la formula che dal 2012 sostituisce il reato di concussione quando si ritiene che le pressioni del pubblico ufficiale (in questo caso la Scognamiglio) non siano state tali da non lasciare margini di resistenza al concusso, che dal rifiuto non avrebbe tratto un danno ma solo la rinuncia a un indebito vantaggio. È quello che secondo i magistrati romani è avvenuto in questo caso, in cui tutti gli indagati avrebbero avuto il loro guadagno: dal giudice, che chiedeva la nomina per il marito, all’entourage deluchiano, che avrebbe scongiurato il rischio di una sospensione del presidente.

Lo scambio. Oggetto dell’accordo erano le sentenze che il Tribunale civile doveva emettere sull’applicabilità a De Luca della legge Severino, che poteva costargli la sospensione dalla carica di in virtù della condanna in primo grado per abuso d’ufficio nelle procedure sul termovalorizzatore. Il tema del contenzioso è poi venuto meno in seguito all’assoluzione in appello, ma in quei giorni dell’estate 2015 la tensione era altissima. Anna Scognamiglio faceva parte del collegio di giudici che doveva decidere sui ricorsi di De Luca e dei suoi oppositori, e per tre volte avrebbe approfittato del suo ruolo per caldeggiare una nomina in favore del marito. Lo avrebbe fatto secondo la Procura non solo insieme al coniuge ma con l’aiuto di Brancaccio, Poziello e Vetrano, che a loro volta si sarebbero rivolti a Mastursi. A lui sarebbe stato rappresentato, scrivono i sostituti procuratori Fasanelli e Orano, “l’incerto esito della cause e il ruolo decisivo della Scognamiglio”. E il braccio destro di De Luca avrebbe acconsentito all’accordo.

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