Caso kalashnikov L’Appello assolve Arpaia e Palatucci

Assolti per non aver commesso il fatto, dopo quattordici dalla vicenda per la quale il tribunale li aveva condannati in primo grado a una pena di 4 anni e 7 mesi. Protagonisti sono Vladimiro Arpaia...

Assolti per non aver commesso il fatto, dopo quattordici dalla vicenda per la quale il tribunale li aveva condannati in primo grado a una pena di 4 anni e 7 mesi. Protagonisti sono Vladimiro Arpaia (tuttora latitante per altri procedimenti) e Antonio Palatucci. Ieri la Corte d’Appello li ha assolti dalle accuse di ricettazione e detenzione di arma da guerra, aggravata dall’aver favorito il clan camorristico guidato da Angelo Frappaolo. Le accuse erano fondate sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Carmine Esposito e Vincenzo Faggioli, dichiarazioni che il tribunale aveva ritenuto “reciprocamente riscontrate” e su cui si era basata la prima pronuncia di condanna. Secondo i “pentiti” era dei due imputati il kalashnikov ritrovato in un garage nell’aprile del 2002, e quell’arma dall’alto potenziale doveva servire a Esposito per vendicare la morte del fratello Giuseppe, alias Peppe o’ ribott, freddato dai killer a Campigliano nel novembre del 2001. Fu proprio Carmine Esposito, detto Nino, a raccontare dell’episodio poco dopo aver iniziato la collaborazione con la giustizia. Le sue affermazioni furono poi confermate da Faggioli, e gli inquirenti ricostruirono che quell’arma, acquistata a Secondigliano, doveva essere solo il primo di dieci mitragliatori con cui il gruppo criminale progettava di armarsi. I difensori, Silverio Sica e Francesco Rizzo, hano però contestato sin dall’inizio l’insussistenza di elementi di riscontro alle dichiarazioni dei “pentiti” e la condanna arrivò dopo una camera di consiglio durata sette ore in cui i gudici decisero di emettere la sentenza solo dopo aver i riascoltato Esposito e Faggioli. Ieri quella sentenza è stata cancellata in appello, accogliendo il ricorso dei difensori. «Ero certo – ha commentato l’avvocato Rizzo – che l’esito del primo grado sarebbe stato ribaltato, perché basato esclusivamente sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Noi difensori abbiamo sempre avuto fiducia nella giustizia e ora c’è la conferma che la tesi che abbiamo portato avanti nel processo era fondata». (c.d.m.)

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