Caso Agrifina, tre archiviazioni «Non c’è stato l’abuso d’ufficio» 

Scagionati dalle accuse i due dirigenti del Comune di Battipaglia e il responsabile del “Suap” Erano stati indagati per l’ok all’insediamento di un capannone nei terreni destinati all’interporto

BATTIPAGLIA. Triplice archiviazione. «Non fu abuso d’ufficio», stabiliscono il pm e il gip, regalando un sospiro di sollievo ai dirigenti comunali Giuseppe Lullo e Giuseppe Ragone e al responsabile del Suap Fernando De Vita. Si chiude così l’inchiesta Agrifina, che aveva portato gli inquirenti ad iscrivere nel registro degli indagati tre dipendenti comunali di Palazzo di Città, ritenuti responsabili dell’okay all’insediamento di un capannone dell'azienda nei terreni che un tempo erano destinati all’interporto: una vicenda che rientra nell’intricata questione dei rapporti tra il Comune di Battipaglia e il Consorzio Asi dopo la delibera di recesso adottata nel 2011 e che s’inserisce nel solco infinito dell'Interporto mai realizzato.
L’archiviazione. «La situazione di oggettiva incertezza non può non operare anche a fini del dolo, per cui deve ritenersi, almeno allo stato, che gli indagati abbiano agito seguendo un orientamento confortato da precedenti sentenze e pareri ed uniformandosi ad una prassi amministrativa»: è quel che scrive Maurizio Cardea, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno, nella richiesta d'archiviazione trasmessa all'ufficio del gip, il giudice per le indagini preliminari. I giudici, a quel punto, decretano l’archiviazione: i tre, indagati per abuso d’ufficio, tirano un sospiro di sollievo.
È lo stesso Cardea, d’altronde, a definire «estremamente controversa» la questione della, «tant’è che vi sono state più sentenze fino a che, da ultimo, sono state ritenute l’inedificabilità dei suoli e l’applicabilità del regime di inedificabilità delle suddette aree».
Il caso. Tutto ebbe inizio a maggio del 2013, quando “Agrifina” chiese all’Asi il rilascio d’un nulla osta per poter edificare un opificio produttivo in località Filigalardi, in un’area a disposizione della società, che però, stando ai dettami del Piano regionale territoriale di coordinamento, è destinata a ospitare il naufragato progetto dell’Interporto. Motivo per cui l’Asi impugnò il diniego dinanzi al Tar, che a febbraio 2015 accolse il ricorso, convinto che con il recesso municipale dal Consorzio, deliberato a marzo 2011 dal civico consesso guidato da Giovanni Santomauro, la competenza sugli insediamenti e gli ampliamenti in area industriale spettasse al Comune. L’Asi s’appellò al Consiglio di Stato, ma nel frattempo, ad agosto del 2016, il Suap comunale rilasciò l’autorizzazione all’azienda: «L’intervento proposto da Agrifina è compatibile con la destinazione urbanistica dell’area», aveva scritto Lullo ad aprile dello stesso anno in un parere indirizzato a Ragone e al dirigente tecnico Pasquale Angione, ritenendo che fossero decaduti i vincoli per destinare l’area ad interporto, essendo decorsi i termini per avviare gli espropri. E a settembre 2016, in sostituzione di Angione, che era in ferie, da dirigente tecnico ad interim, Lullo certificò la destinazione urbanistica industriale su alcune particelle in zona interporto. A ottobre 2017 il Consiglio di Stato ha stabilito il contrario: le destinazioni impresse dai piani Asi sono state recepite dal Piano regolatore territoriale consortile, e quindi sono efficaci. E nell’area il Consorzio Asi mantiene i poteri di valutazione e controllo.
Gli altri procedimenti. I carteggi sulle intricate vicende riguardanti l'area industriale battipagliese non svaniscono dagli uffici della Procura. D’altronde, tra il 2011 e il 2017, il Comune ha rilasciato circa 140 provvedimenti autorizzatori: in nessun caso c’era il nulla osta dell’Asi. Una vicenda spinosa, che si trascina dietro altri due procedimenti penali, uno dei quali avviato dal pm Guglielmotti.
Carmine Landi
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