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Case impossibili da vendere «È colpa della burocrazia»

La mancata sdemanializzazione del Mercatello danneggia i proprietari

SALERNO. Da due anni cerca di vendere il suo appartamento. Ma una tortuosa storia di burocrazia ha finora impedito la trattativa. E potrebbe ostacolarla anche agli oltre cento proprietari di abitazioni facenti parte dei lotti su cui, negli anni Ottanta, sei cooperative sociali costruirono a ridosso del torrente Mercatello, al quartiere Europa. «Se voglio cedere il mio appartamento in regime di libero mercato, devo trasformare il diritto di superficie in diritto di proprietà, operazione che deve essere autorizzata dal Comune – spiega Anna Maria Galano, proprietaria di un’abitazione in via Pietro De Ciccio – Ma purtroppo non è stato possibile farlo, perché quando le case furono realizzate e fu deviato il corso del torrente Mercatello, non è stato dato seguito alla sdemanializzazione, quindi è come se si fosse edificato su un diritto di superficie parziale e non totale». La questione fu già sollevata, diversi anni fa, dall’allora consigliere comunale Claudio Milite, ma nulla si è mosso. «Avevo trovato un acquirente, perché dopo la morte di mio marito, avevo urgenza di vendere casa per motivi personali. Quando mi sono recata al Comune, ho scoperto che invece la procedura non era mai stata ultimata e così la trattativa è sfumata», racconta. A giugno i tecnici di Palazzo di Città hanno inviato al Demanio la documentazione necessaria a sbloccare la vendita degli appartamenti. A dicembre c’è stato un sopralluogo a cui è seguita una nuova richiesta di documenti, tra cui faldoni che risalgono a trent’anni fa. Non essendo ancora riuscita ad avere risposte, Anna Maria Galano ha deciso di investire direttamente il sindaco Vincenzo Napoli, chiedendogli di «porre in essere tutti gli atti necessari a definire le procedure di sdemanializzazione dei beni riferiti e quelli necessari ad assicurare la piena e legittima proprietà del bene immobile e del suolo sul quale il condominio insiste, libero da vincoli, impedimenti e limitazioni di qualsiasi genere». La memoria è stata inoltrata anche al presidente della cooperativa “La Proletaria”, di cui l’appartamento fa parte, e al servizio Patrimonio del Comune, per conoscere «lo stato, i tempi di definizione e quanto altro utile a perfezionare la definizione della procedura di sdemanializzazione degli immobili». Tra l’altro, spiega la proprietaria dell’appartamento, la mancata conversione in diritto di proprietà, svilisce e di molto il valore commerciale dell’immobile: «parliamo di una casa al sesto piano, con cinque vani, due bagni e un garage. Stando alle attuali tabelle del Comune potrei venderlo a 154mila euro, mentre la spendibilità sul mercato immobiliare è di quasi il doppio». Galano denuncia anche la disparità di trattamento «rispetto ad altri assegnatari che hanno visto affrancato il loro diritto di proprietà da anni e conseguentemente hanno potuto godere della libera commerciabilità del loro immobile». Questione di particelle catastali e di iter burocratici più o meno tortuosi, confluiti, nel 2004, in una procedura con la quale il ministero dei Trasporti «autorizzava la cooperativa alla cessione in proprietà individuale ai soci che ne hanno ottenuto l’assegnazione in uso e godimento degli alloggi». Il passo successivo è stata l’assegnazione degli immobili ai legittimi proprietari, con ben due delibere del consiglio comunale che hanno sancito l’estensione dei benefici «anche agli assegnatari del diritto di superficie dei Peep indicati dal settore Urbanistica nonché a tutti gli altri che risulteranno essere nella stessa posizione giuridica». Ma a oggi, dopo anni, la mancata sdemanializzazione dell’area, rende impossibile qualsiasi trattativa di compravendita.

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