Case Iacp al quartiere Italia Conto salato dopo 40 anni

Solo adesso si è chiuso al Tar il contenzioso sui canoni per il diritto di superficie L’istituto è stato condannato a pagare al Comune 310mila euro più gli interessi

Era il 1972 quando il consiglio comunale approvò la delibera che avrebbe fatto nascere il quartiere Q2, poi rinominato in Italia. Solo adesso, però, si chiude davanti al Tribunale amministrativo un contenzioso tra Comune e Istituto autonomo case popolari, per 600milioni di vecchie lire di cui l’Iacp ancora risulta debitore. La cifra corrisponde al canone definitivo di concessione del diritto di superficie, previsto per novant’anni e che nel 2006 si è deciso di trasformare in diritto di proprietà previo saldo dei canoni già dovuti. I conti di quanto Iacp e cooperative private dovessero sborsare sono stati fatti dal Comune nel 1998, quando la Giunta De Luca ha approvato il progetto elaborato dal segretario generale per il recupero dei crediti e ha delegato lo stesso funzionario alla quantificazione e alla richiesta dei pagamenti. Con l’istituto per le case popolari è iniziato un braccio di ferro conclusosi solo adesso con una sentenza del Tar che condanna l’ente al pagamento di 310.345 euro più gli interessi di mora, calcolati nella misura del nove per cento a decorrere dal maggio del 1999 e che già ora sfiorano il mezzo milione.

Prima di arrivare dinanzi ai giudici amministrativi il contenzioso ha fatto però un percorso lungo, che per sette anni lo ha lasciato al tribunale civile prima che le modifiche alla normativa ne imponessero la riassunzione nelle aule di largo San Tommaso d’Aquino. Ma andiamo per ordine. Nel marzo del 2000 l’Iacp si è opposto al decreto ingiuntivo del Comune e la vicenda è finita dinanzi al giudice ordinario, che tre anni dopo conferma la sua giurisdizione, rigetta la richiesta di provvisoria esecuzione dell’atto monitorio e fissa l’udienza dopo undici mesi, nel febbraio del 2014. Prima che si arrivi alla sentenza passano sette anni. Siamo al 3 maggio 2010 quando il giudice si pronuncia sull’opposizione, revoca il decreto ingiuntivo e però dichiara che la materia è di competenza del giudice amministrativo. È quindi davanti al Tar che la lite giudiziaria ricomincia, con un ricorso presentato stavolta dal Comune. L’Iacp eccepisce prima il decorso della prescrizione e poi, nel merito, di avere già anticipato tutto il dovuto, realizzando a proprie spese le opere di urbanizzazione primaria e secondaria delle aree. Argomenti che il tribunale amministrativo ha però respinto. Innanzitutto rilevando che, nonostante tutto sia cominciato trent’anni fa, la prescrizione decennale non è affatto trascorsa. Le lancette iniziano a muoversi da quando il diritto può essere fatto valere e, nel caso di specie, «soltanto con il completamento delle procedure espropriative si è reso possibile azionare concretamente il credito relativo agli oneri connessi». Il Comune avrebbe poi quantificato con esattezza, e comprovato con certificazioni di pagamento, i costi sostenuti per l’acquisizione di ogni lotto e i lavori di urbanizzazione. Non contano quelle che l’Iacp ha presentato come anticipazioni, perché secondo i giudici non riguardano il quartiere Italia ma un’altro comparto: quello Santa Margherita Q4, ora quartiere Europa. L’Istituto è stato quindi condannato a pagare. Eppure il caso non può ancora dirsi chiuso, perché resta possibile il ricorso al Consiglio di Stato. (c.d.m.)

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