Capossela: «Anche al meglio non c’è limite»

In concerto nella “sua” Calitri a chiusura del festival sugli sposalizi

Crederci, darsi un’occasione e poter urlare alla fine: «Al peggio non c'è limite, ma anche al meglio!». Può nascere così, in tempi di separazioni e coppie di fatto, un festival sugli sposalizi organizzato in un borgo di 5.000 anime e un monumento all’emigrante, dove 60 anni fa gli sponsali duravano 72 ore. L’ha voluto e c’è riuscito Vinicio Capossela con lo “Sponz Fest” che si è chiuso a Calitri, paesino dell’Irpinia dove è nato suo padre e dove lui passava le vacanze da figlio di emigrati. Un’occasione per ricordare un rito fatto di serenate, cannazze al ragù (così si chiamano i maccheroni lunghi da spezzare), quadriglie interminabili, stelle filanti con cui si avvolgevano gli sposi come fossero braciole. Sono nati così tre giorni di racconti, danze popolari, film che hanno richiamato in tutto quasi 25 mila persone. Fino al concerto finale con Capossela e la “Banda della posta”, il gruppo di musicisti che ha animato quasi tutti gli sposalizi del paese e che da aprile sono in tournée proprio grazie al cantore del Rebetiko che ha prodotto il loro primo disco.

«A volte bisogna darsi un'occasione. È la dimostrazione che quando ci si dà un obiettivo comune, le forze si moltiplicano. Sarebbe bello che succedesse anche per altre cose», osserva Vinicio felicemente stupito dalla buona volontà dei calitrani e non solo, che hanno condiviso la sua idea. «E senza santi né patroni. Qua è tutto fondato sul dono», rimarca sperando di ripetere l’esperimento l’anno prossimo. Un contributo anche dalla sorella Mariangela arrivata da Lione per colorare, insieme alle donne del paese, 350 lenzuola appese poi nel borgo antico, trasformando l’usanza dell'esposizione del lenzuolo dopo la prima notte di nozze. «È stato un gesto iconoclasta per affrancare le donne da ogni sudditanza», ha urlato orgoglioso il fratello che l’ha chiamata sul palco regalandole un ballo. Lo spettacolo è andato avanti tra polke, valzer e pezzi del cantautore a volte trasformati in “ballabili” come per “Che cos’è l’amor” diventata un foxtrot o il “Ballo di San Vito” suonato con tamburi e chitarra.

Finale con la promessa più romantica di “Ovunque proteggi”. E invocando la grazia come si dice nel testo della canzone e facendo un gioco di parole, Vinicio ha urlato: «Grazie a tutti... vabbè, non proprio a tutti», si è corretto.