Camorra, il boss Contaldo si è pentito

“Sandrino o’ pazzo” collabora con i magistrati dell’Antimafia di Salerno. Era il capo del clan delle “palazzine” di Pagani

PAGANI. Ha riempito già pagine e pagine di verbali davanti ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Salerno il paganese Sandro Contaldo, alias “Sandrino o’pazzo”, capoclan del gruppo camorristico delle “palazzine” negli anni Novanta, elemento di vertice della camorra dell’Agro. La notizia della decisione di collaborare con la giustizia, presa la scorsa primavera nel massimo riserbo, circolava da settimane in città e negli ambienti giudiziari.

Contaldo, trasferito a fine luglio dal carcere di Parma a quello di Ariano Irpino, era il capo della cosca ribattezzata “Contaldo-Annunziata”, gruppo criminale antagonista dei “guagliuni” del centro storico di Via Lamia, al soldo dei Fezza-Petrosino D’Auria. Ritenuto un irriducibile e ora passato allo status di collaboratore, sulle orme del fratello Francesco, alias “Pampanella”, è stato il boss indiscusso del quartiere nord di Pagani insieme a Francesco Annunziata, “Nellino o’megalomen”, fautore di un sistema che travolse i vecchi equilibri a colpi di intimidazioni, rapine e omicidi, con l’asse criminale ereditato da Nicola Fiore, “Pallino”, finito in carcere nel 2003 e tuttora detenuto.

La fine della sua detenzione, fissata per il 2036, ha determinato forse il suo ripensamento divenuto ufficialmente collaborazione, con gli investigatori del Reparto provinciale carabinieri, coordinati dalla Procura distrettuale di Salerno, impegnati a raccogliere e riscontrare i tanti episodi riferiti.

Nel cuore degli anni Novanta il suo gruppo firmò la drammatica escalation del doppio omicidio di Enrico De Prisco e Alfonso Padovano. Quest’ultimo omicidio in particolare nasceva da una testimonianza scomoda, deciso dal boss che allora era in carcere. La vittima fu zittita, torturata e infine seppellita in un terreno, perchè aveva assistito all’agguato compiuto per eliminare De Prisco, implicato sua volta in una rapina, con la batteria composta da Franco Contaldo e Giuseppe Sorrentino, poi condannati con sentenza definitiva.

Il clan dei paganesi, così descritto per il forte legame territoriale e le modalità eclatanti delle sue azioni, gestiva col sangue il controllo del territorio, lasciandosi dietro vittime innocenti durante rapine fuori zona, incendi a mezzi di società imprenditoriali del settore dei rifiuti e delle costruzioni, colpi d’arma da fuoco e violenze contro tutti quelli che non sottostavano al suo violento sistema di imposizione. De Prisco, ucciso nel ’96 in via Diaz, era un elemento emergente con troppe ambizioni per il clan, ritenuto un rischio per le attività della cosca. La morte di Padovano, a sua volta testimone di quel delitto, fu decisa nel ’99. Quella stagione di delitti e terrore si chiuse con l’operazione “Ametista”, ultimo colpo inferto al sistema camorristico guidato dall’attuale pentito.

Alfonso T. Guerritore

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