il fatto

C’era una volta il mercato del centro

Pochi gli ambulanti storici sopravvissuti al trasferimento in largo San Petrillo: «Le istituzioni hanno ucciso il commercio»

SALERNO. «Mi ricordo banchi pieni di uva sanginella e capitoni che sguisciavano dalle vasche. Mi ricordo il fermento della piazza e la moltitudine di clienti. Hanno distrutto una tradizione, hanno ucciso il commercio». Raffaele Autuori aveva 7 anni – oggi ne ha 70 in più – quando cominciò a “spicciare” al banco di frutta e verdura di suo padre che era uno dei più grandi dello storico mercato della Rotonda. Piazza Flavio Gioia fino al 1993 è stata l’ombelico della città, il centro commerciale a cielo aperto più vivo e popolato di Salerno.

C’erano perlomeno 35 ambulanti che animavano il mercato se si contano solo quelli con la licenza, a cui si accompagnavano tutti quelli che si “imbucavano” perché consapevoli che lì gli affari si facevano eccome.

Poi l’Amministrazione di allora decise di spostare lo storico mercato del centro nella vicina piazza Sant’Agostino. E lì, fino alla fine degli anni Novanta, il mercato è riuscito almeno a sopravvivere. Poi un’altro trasferimento – «deciso dalla sera alla mattina», ricorda Autuori – in largo San Petrillo, lo spazio che per i salernitani doc è da sempre conosciuto come “San Giuvanniello”.

«Doveva essere temporaneo, questione di qualche mese ci dissero, finchè non fossero terminati i lavori di riqualificazione della piazza e invece ora, dopo sette anni, siamo ancora qui, ma siamo sopravvissuti in pochi.», ad affermarlo è la figlia di don Raffaele, Maria Teresa, 59 anni, da due giorni nonna, che manda avanti l’impresa familiare avviata dal padre di suo padre, con accanto suo marito e suo figlio Marcello. «Io vengo qui ogni tanto ad aiutarli – racconta don Raffaele – perchè a casa nun m fir ’e sta. Ma questo ormai non è più un mercato...», ammette malinconico, mentre continua a ripercorrere con la mente quelle notti del 23 dicembre di tanti anni fa quando il mercato, finanche nei primi anni dopo il trasferimento a San Giovanniello, rimaneva allestito per tutta la notte per consentire gli ultimi acquisti prima del cenone: «Mettevamo le lucine sui banchi e restavamo aperti fino al mattino. Era una notte magica ma ormai sono anni che nessuno rispetta più questo rito che ci faceva sentire tutti una grande famiglia...», ricorda chiudendo gli occhi. E basta guardarsi intorno per rendersi conto che le parole del veterano dei fruttivendoli salernitani, cetarese di nascita ma ormai da anni residente a Pastena, sono tristemente veritiere. In largo San Petrillo una vera area mercatale non si è mai creata – non ci sono neanche i servizi igienici a disposizione degli ambulanti – e non potrebbe essere altrimenti visto che il suolo su cui ogni mattina vengono allestiti i banchi è privato tant’è che fiscalmente gli ambulanti hanno come sede di lavoro ancora piazza Sant’Agostino, lo si evince da ciò che compare sugli scontrini che emettono. «Ogni giorno arriva qualche voce diversa che parla di un nostro imminente trasferimento – racconta Maria Teresa – ma noi intanto stiamo qui ogni giorno, senza servizi e senza futuro visto che ormai lavoriamo solo con le consegne a domicilio perchè qui con l’auto è difficile arrivare e le buste della spesa piene di frutta e verdura pesano. Se non ci fosse mio figlio con lo scooter avremmo già chiuso da tempo», afferma sconsolata.

Identico il racconto dei fratelli Salzano – Rosario e Francesco – nipoti di Matteo e figli di Vincenzo, terza generazione di fruttivendoli che hanno deciso di resistere per portare avanti le tradizioni familiari cominciate alla Rotonda nonostante le grandi difficoltà che fin dal primo momento si sono riscontrate in largo San Petrillo: «Se non ci fosse il cellulare che suona per gli ordini saremmo già morti – afferma Rosario – qui ormai non passa più nessuno e noi continuiamo a lavorare senza alcun servizio». Ormai a San Giovanniello sono rimasti in pochi a esporre la propria merce, saranno in tutto nove gli ambulanti che, a rotazione, sperano di guadagnarsi la giornata di lavoro aprendo i loro banchi a giorni alterni. Oltre Agli Autuori e ai Salzano ci sono gli Sconza, venditori di prodotti ovicoli, gli eredi Russo, pescivendoli, e poi Vincenzo, Gerardo, Guido, Antonietta, Mario e Luigi. Mai tutti insieme però. «Questo tutto è tranne che un mercato ma noi che ci lavoriamo abbiamo tutti i doveri e neanche un diritto», conclude Maria Teresa Autuori mentre comincia a riporre la frutta nelle cassette di legno. Un’altra giornata di lavoro volge al termine mentre le auto dei residenti cominciano ad occupare gli spazi che il Comune ha concesso al mercato, forse solo per farlo sparire completamente dal centro città.