C’è il racket del pane dietro gli spari

Boccia confessa: ho fatto fuoco ma solo a scopo intimidatorio e per una vicenda personale. Caracciolo nega tutto

Aveva osato contravvenire ad un’ordine che gli era stato imposto: quello di non vendere più il pane nel loro “territorio”. Uno “sgarro” che andava punito in maniera esemplare. Con efferatezza, arroganza e una violenza inaudita hanno agito in pieno centro, incuranti del fatto che a pochi passi dall’uomo contro il quale avevano deciso di scaricare sei colpi di pistola c’era una bambina di appena dieci anni.

Un gesto che a Gennaro Caracciaolo e Matteo Boccia, 31 e 34 anni – i due fermati per il tentato omicidio di lunedì sera ai danni di un imprenditore salernitano – serviva, sempre secondo le accuse, anche a dimostrare il loro “valore”, nell’ascesa ai vertici di un nuovo gruppo criminale in città. Ne sono convinti gli agenti della squadra mobile di Salerno, diretti dal vicequestore aggiunto Claudio De Salvo, che hanno eseguito i due fermi di iniziati del delitto di tentato omicidio, resistenza aggravata e ricettazione (con l’aggravante dei futili motivi) firmati dal pm della Dda Rocco Alfano.

Tesi che i due accusati contestano con forza. Ieri pomeriggio si è svolta, infatti, l’udienza di convalida, davanti al gip Franco Attilio Orio del tribunale di Salerno. Boccia (difeso dall’avvocato Marco Salerno) ha fornito una sua versione dei fatti, contestando la ricostruzione operata dai poliziotti. Ha ammesso però di aver sparato quei colpi, ma soltanto per minacciare il 40enne, non certamente per ucciderlo. Alla base del gesto rancori personali e una questione “passionale”. Ha anche detto che non lui non c’era il 31enne Caracciolo, ma un extracomunitario. Lo stesso Caracciolo (che è assistito dagli avvocati Mario Pastorino e Olimpia De Felice) ha negato di aver partecipato al “blitz”. I legali della difesa hanno chiesto al gip quantomeno di alleggerire la misura cautelare, che a loro avviso appare troppo afflittiva al momento, non essendoci a loro avviso elementi per sostenere con certezza la partecipazione di Caracciolo all’agguato.

Il pm Alfano ha chiesto, invece, la convalida del fermo e la detenzione in carcere. Il giudice si è riservato la decisione sia sulla convalida del provvedimento che sull’arresto. Il provvedimento sarà depositato questa mattina.

Secondo gli agenti, invece, sarebbero stati loro in sella alla moto che è transitata intorno alle 17.30 di lunedì in via Pironti e dalla quale sarebbero stati esplosi sei colpi di pistola all’indirizzo di un quarantenne residente nella zona, che era in strada insieme alla figlioletta di dieci anni. E questo per riaffermare la loro “leadership”. Dalle indagini della squadra mobile è emerso che la decisione di eseguire l’agguato è stata assunta d’impeto e rapidamente sfociata nella concreta organizzazione. Secondo gli agenti – come lui stesso ha in realtà confermato – a sparare sarebbe stato Boccia, mentre Caracciolo era alla guida della moto.

La pistola usata per l’agguato, una calibro 9x21 fu subito recuperata, mentre nel corso delle successive perquisizioni è stata trovata nelle disponibilità di Caracciolo un revolver calibro 38.

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