Buoni postali, rimborso beffa In tasca solo la metà dei soldi

La vicenda riguarda migliaia di famiglie che hanno investito una parte di risparmi Al via le azioni legali: il Codacons in prima linea in difesa delle ragioni dei cittadini

Buoni fruttiferi postali rimborsati per importi inferiori rispetto a quelli concordati: la vicenda si sposta in tribunale dove le associazioni dei consumatori sono pronte a dare battaglia e far valere le ragioni dei risparmiatori. Ad annunciarlo Raffaella D’Angelo, dell’ufficio legale del Codacons. La vicenda riguarda migliaia di famiglie che, negli anni ’80, investirono parte dei propri risparmi nell’acquisto di Bfp, appunto buoni fruttiferi, della serie O, del valore nominale di 500 euro ma che promettevano, alla scadenza del trentennio, la restituzione di poco meno di diecimila euro (per la precisione 9.133,60 euro). L’investimento fu all’epoca ritenuto estremamente appetibile: numerosi risparmiatori convogliarono i propri risparmi verso questa tipologia di prodotto e parecchi acquistarono anche più di un buono convinti di ritrovarsi, alla scadenza, con un vero e proprio tesoretto. Del resto l’affidabilità dell’interlocutore, Poste Italiane, fugava ogni dubbio o timore. La scadenza è arrivata (e sta arrivando) proprio in questi giorni ed in molti, allo sportello, hanno però ricevuto un’amara sorpresa, una vera e propria doccia gelata: la somma restituita ammonta a circa la metà di quella promessa. La difesa di Poste Italiane tira in ballo un Dpr del 1973, ed in particolare una norma, l’art. 173, poi sostituito con il decreto legge 460 del 1974 ed infine abrogato nel 1999. Questa norma, in sostanza, consentiva la variazione dei tassi di interesse sia in senso favorevole che sfavorevole al risparmiatore, purché essa venisse debitamente pubblicizzata in Gazzetta Ufficiale. È accaduto così che con un provvedimento del Governo quegli interessi siano stati drasticamente ridimensionati, assimilandoli ad un diverso buono fruttifero, quello “serie Q”, che frutta un interesse esattamante della metà.

Ed è così che, prima ancora della riscossione, il tesoretto di tanti risparmiatori s’è volatilizzato per una buona metà. «La legge – tuonano ora i legali del Codacons – stabilisce che i decreti possono trovare applicazione ai rapporti già in essere solo per consentire una disciplina più favorevole ai risparmiatori». Ed ancora: «la Corte di Cassazione – rincara la dose il Codacons – con la sentenza 13979 del 2007 ha stabilito che nella disciplina dei buoni fruttiferi postali il vincolo contrattuale si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti». Detto in altri termini: vale ciò che è stampigliato sul buono, non certo ciò che si è deciso successivamente. Il consiglio ai risparmiatori è: conservate tutta la documentazione della liquidazione dei buoni e pretendete, per vie legali, quanto non vi è stato corrisposto.

Remo Ferrara

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