Braccio di ferro tra il pm e i difensori

E’ stato un dibattimento durissimo, caratterizzato da continui scontri tra accusa e difesa, più volte sul limite , a tratti oltre, le rituali regole processuali. Il pm Maurizio Cardea fino all’ultimo...

E’ stato un dibattimento durissimo, caratterizzato da continui scontri tra accusa e difesa, più volte sul limite , a tratti oltre, le rituali regole processuali. Il pm Maurizio Cardea fino all’ultimo ha contrastato quelle che senza remore ha ritenuto strategie irregolari da parte del collegio. Da un lato c’era la tesi dell’accusa, con perizie, incidente probatorio, azzeramento dei testi, dall’altro i difensori, avvocati Silvana D’Ambrosi, Sergio Cola, Giovanni Pentangelo e Luigi Calabrese, con numerosi testi a sostenere versioni da verificare. Apice della contrapposizione è stata l’acquisizione del verbale dell’aprile 2011 di Salvatore Fezza, figlio del boss Tommaso, su disposizione della corte. I giudici hanno acquisito agli atti il documento “per gravi intimidazioni al teste ai sensi dell’articolo 507 codice procedura penale”, con le notizie sulla struttura del clan Fezza- Petrosino D’Auria, sull’omicidio Venditti e cenni sull’agguato Aziz-Cascetta, primo passo di una collaborazione minata da ingerenze riconosciute dalla corte d’assise. In particolare erano spuntate alcune lettere tra Salvatore Fezza e la fidanzata Veronica Postiglione: «Amore mio – scriveva lei - a me questi mi odiano e mi cercano per farti ritrattare». Il 14 giugno, infine, era comparso Antonio De Risi, padre dello spacciatore Adriano, ammazzato dal clan Greco-Sorrentino. L’uomo chiese di parlare con il pm raccontando che il movente dell’omicidio era legato ad un grosso acquisto di droga dai clan di Torre Annunziata, non pagata dal tunisino. Cardea considerò De Risi ultimo tentativo di inquinamento probatorio. Il tribunale acquisì le dichiarazioni agli atti senza ascoltare De Risi nonostante la richiesta dei termini avanzata dai difensori. (a.t.g.)