Bocciata la richiesta di un sopralluogo all’Ideal Standard

Il Tribunale del lavoro non autorizza la verifica “dinamica” Resta ancora avvolta nel mistero la contaminazione del sito

Il Tribunale del lavoro (presidente Nicola De Marco, giudice estensore Anna Maria Lionetti, giudice Attilio Franco Iorio) rigetta il reclamo presentato dagli avvocati Dante Stabile e Anna Amantea, che rappresentano 38 ex dipendenti dell’Ideal Standard. Che avevano chiesto un sopralluogo nell’area dove c’era l’azienda. E la nomina di un consulente tecnico d'ufficio per una verifica "dinamica" su quanto è potuto accadere nel corso dei processi di lavorazione, prima che anche quel che resta della fabbrica sia demolito. Insomma ancora una volta la giustizia tarpa le ali alla richiesta di verità degli ex operai, che vogliono che sia fatta luce su ciò che effettivamente accadeva in quell’industria. Già in primo grado il giudice del lavoro non aveva accolto l’istanza, nonostante la disponibilità degli operai ad accollarsi i costi della perizia. Dunque resta ancora avvolta nel mistero una vicenda dai lati molto oscuri, su cui sta indagando anche la magistratura penale e anche L’Asl.

Gli accertamenti richiesti avrebbero potuto svelare diversi aspetti. Ma, invece, per il momento, le ispezioni non saranno fatte. Ma la battaglia dei legali e degli ex dipendenti continua. L’Ideal Standard ha chiuso i battenti nel 1999, ma per una parte del personale le attività sono continuate fino al 2004. Perché sono stati utilizzati per smantellare la fabbrica e consegnare edifici e suoli alla nuova proprietà, nell'ambito del fallito progetto Sea Park. Ed è proprio in questa fase che pannelli e altri materiali contenenti amianto sarebbero stati smaltiti in modo illecito. Diversi operai, infatti, hanno denunciato «l'avvenuto interramento del materiale di risulta (forni, caldaie, impianti etc) in apposite buche scavate nel piazzale antistante l'edificio, tuttora esistente, con conseguente contaminazione del sito».

E la perizia che era stata richiesta dai legali voleva proprio accertare cosa accadesse realmente nelle fasi di lavorazione. La fuoriuscita di amianto nel corso delle demolizioni sarebbe infatti solo l'ultimo atto. «Le materie prime utilizzate per gli impasti che venivano colati nelle forme di gesso contenevano fibre di amianto - è scritto nell'esposto che è stato presentato all'Asl - I manufatti realizzati venivano caricati su carrelli dotati, nella parte di contatto, di un cordone di fibra di amianto che svolgeva anche la funzione di isolante termico nei forni di cottura. Peraltro, l'attrito tra i carrelli provocava lo sfaldamento dei cordoni con ulteriore dispersione di fibre».

Secondo i lavoratori, inoltre, «tutti i cicli produttivi erano caratterizzati da un massiccio impiego di materiali contenenti amianto»

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