L'INCHIESTA

Bilancio “truccato” a Scafati, indaga l’Antimafia 

In una serie di operazioni contabili ci sarebbe lo zampino degli ex amministratori. Il caso dei palesi conflitti di interesse

SCAFATI. È l’ultimo bilancio comunale il vero nodo del secondo filone dell’operazione “Sarastra”. La Procura Antimafia di Salerno si sta soffermando in particolare sui conti dell’Ente di Palazzo Mayer tenuti dall’ultima amministrazione comunale, quella guidata da Pasquale Aliberti e sciolta per infiltrazioni camorristiche dal ministero dell’Interno nel febbraio scorso.
Voci e cifre sono state passate al setaccio dai Pm Vincenzo Montemurro e Luca Masini, che con l’ausilio degli uomini della Dia stanno ricostruendo gli ultimi anni della vita amministrativa in via Melchiade per appurare l’esistenza di un “sistema” più ampio, che all’ombra di vicende più eclatanti, come i presunti patti con i clan, agisse in modo indisturbato. Dinamiche già ricostruite parzialmente dagli inquirenti, attraverso le commissioni consiliari e le decisioni addomesticate da ratificare poi nei vari consigli comunali. Stavolta però la partita è più ampia e porta dritto a Diego Chirico, l’assessore al Bilancio dell’ultimo periodo sindacale di Aliberti. L’avvocato con la passione per la politica, il basket e la Scafatese è già indagato, insieme alla moglie, dalla Procura Antimafia con l’accusa di abuso d’ufficio. La coppia, lo scorso mese di luglio, è stata oggetto di una perquisizione della Dia nell’abitazione di via Fermi, dopo che la consorte di Diego Chirico, la dottoressa Roberta Iovine era stata ascoltata in Procura come persona informata dei fatti.
Nelle settimane passate tutto è ruotato intorno all’assunzione della moglie dell’ex assessore, nel 2013, quando l’avvocato Chirico ricopriva il ruolo di presidente dell’associazione di volontariato Ada, acronimo di Accademia dell’Anima. Da quella realtà sociale poi ci si è spostati alle convenzioni che hanno portato nelle casse dell’associazione una somma superiore ai 20 mila euro. Intrecci tra Comune, “Scafati Solidale” e Piano di Zona S1, su cui Montemurro e Masini stavano già operando da tempo e che ora ha approfondito.
Cifre che, secondo i magistrati titolari dell’inchiesta nel settembre del 2015, sarebbero state l’eventuale prezzo da pagare per la candidatura di Chirico a sostegno dell’ex sindaco Pasquale Aliberti.
La faccenda però è andata avanti, fino a soffermarsi nel piano dell’attività politica di Chirico come rappresentante istituzionale dell’Ente di via Pietro Melchiade, che da delegato allo Sport lo ha portato a ottenere uno degli assessorati più importanti all’interno dell’assise di via Pietro Melchiade. È sua, infatti, la firma apposta sull’ultimo bilancio comunale dell’era Aliberti, quello che secondo le opposizioni e, successivamente i responsabili contabili della Commissione straordinaria insediatasi a febbraio, avrebbe contribuito a lasciare un debito di 30 milioni di euro nelle casse comunali. Ma il punto per la Procura adesso è un altro.
La magistratura, infatti, vuole dare un senso ai movimenti bancari dei conti intestati a Diego Chirico nelle settimane precedenti e successive all’approvazione del documento contabile indispensabile a certificare lo stato di salute dell’Ente. Circostanze o bonifici collegati all’attività politica dell’avvocato di via Fermi, invitato magari a essere meno ferreo sulla redazione degli atti amministrativi?
Una domanda a cui da settimane l’Antimafia prova a dare una risposta certa. Per gli inquirenti, però, si tratterebbe del vero vaso di Pandora, quello capace di fare chiarezza su affari che non hanno riguardato solo la maggioranza ma anche diversi esponenti dell’opposizione. Da qui, infatti, il collegamento con l’attività delle commissioni è sottile e diretto. E confermerebbe l’ipotesi dell’accusa: il “sistema” a Scafati coinvolgeva tutti gli attori politici all’interno del consiglio comunale.

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