IL CASO

Battipaglia, morì a 24 anni: tagliola sui risarcimenti

Il giovane fu investito sulla 175. Ai familiari 399mila euro anziché 570mila: «Ubriaco e a 100 metri dalle strisce»

BATTIPAGLIA - Poco meno di 400mila euro al netto degli interessi legali da ricalcolare. A tanto ammontano i risarcimenti da riconoscere ai familiari del giovane rumeno – la prima degli appellanti, la sorella, vive in litoranea a Battipaglia, e fino al 2012 il ragazzo era in casa sua – che il 27 luglio 2014 morì a 24 anni. Ne aveva ancora 23 alle 18,30 di quel 26 ottobre 2013: a Campolongo di Eboli, nei pressi d’una macelleria, proprio sulla provinciale 175, fu investito da una Ford Focus. Al volante dell’auto c’era un salernitano che immediatamente scese dall’auto e contattò i soccorsi.

Quell’uomo, con la sua compagnia assicurativa, dovrà riconoscere 105mila euro a ciascuno dei due genitori e 63mila ad ognuno dei tre fratelli del giovane che perse la vita all’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Eboli dopo un calvario lungo nove mesi: la decisione adottata poco più d’un anno fa da Maria Stefania Picece , toga monocratica della Seconda sezione civile del Tribunale di Salerno, è stata confermata in toto dalla Corte d’appello – presidente e relatore il giudice Bruno De Filippis , a latere Maria Assunti Niccoli e Giulia Carleo . Ed ha lasciato l’amaro in bocca sia ai genitori e ai fratelli del giovane, assistiti dall’avvocato Giovanni Concilio , che ai vertici della compagnia assicurativa, tutelata dal legale Mario Amatruda : i primi avrebbero voluto di più, i secondi (il salernitano non s’è costituito), invece, non avrebbero voluto sborsare neppure un euro.

Il «danno da recisione di rapporto parentale», espressione giuridichese che indica il risarcimento ai familiari d’un uomo che muore, era stato valutato in 150mila euro per ognuno dei genitori e in 90mila per ciascuno dei fratelli: quasi ai minimi della magna carta in materia, le “tabelle romane”, che nel primo caso oscillano tra i 147.100,50 ed i 294.201 euro e nel secondo tra gli 88.260,30 ed i 176.520. D’altronde nessuno dei cinque conviveva con la vittima. Negate pure le voci di danno richieste a titolo ereditario, alle quali, invece, dovrebbe aver diritto il figlioletto del giovane, promotore d’una distinta causa. Quantificati i 570mila euro, però, il giudice di primo grado li aveva poi decurtati fino a quota 399mila. Un «defalcamento», così viene chiamato, del 30 per cento, ché tale era la percentuale di concorso di colpa attribuita al giovane: aveva attraversato – la ricostruzione dei magistrati – a cento metri dalle strisce pedonali, «di fatto – si legge nella sentenza – cercando di schivare le autovetture che provenivano da entrambi i sensi di marcia», e in più dagli esami tossicologici era venuto fuori che il 23enne aveva bevuto ed il tasso alcolemico nel suo sangue era il triplo di quello consentito. Cifre basse e defalcamento che avevano indotto i familiari a proporre appello. Invano.

E vano è stato anche l’appello incidentale della compagnia assicurativa. La Picece aveva appurato che l’automobilista percorreva la 175 rispettando il limite di velocità dei 50 chilometri orari. Sulla scorta d’una simile ricostruzione, quindi, la società reclamava l’esclusione dal concorso di colpa e, di conseguenza, il colpo di spugna sui risarcimenti. «La presunzione di responsabilità in caso d’investimento – la controdeduzione dei giudici – va sempre riconosciuta».