IL PROCESSO

Battipaglia, matricidio di via Tafuri: si torna in Appello

Caraccio uccise l’anziana in preda a deliri e visioni. Cassazione: rivedere il trattamento sanzionatorio

BATTIPAGLIA - Uccise la madre Vittoria Natella , 74 anni all’epoca del delitto, in un momento di delirio e allucinazioni. Per la Cassazione, Prima sezione penale, è da rifare il processo di appello a Gaetano Caraccio , 45 anni, di Battipaglia, solo per la parte che riguarda il trattamento sanzionatorio e la determinazione della misura di sicurezza della pericolosità sociale. Il fascicolo torna alla Corte di Assise e di Appello di Salerno. Caraccio è stato prosciolto dall’accusa di matricidio a gennaio scorso in Appello perché ritenuto totalmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto, mentre in primo grado, al termine del giudizio abbreviato, era stato condannato a dieci anni di reclusione.

A seguito del proscioglimento era stata disposta la misura di sicurezza del ricovero in una Rems per la durata minima di dieci anni perché la patologia di cui soffre il 42enne può riesplodere da un momento all’altro in assenza di un’adeguata terapia farmacologica. Quella sera, era il 22 dicembre di tre anni fa, Caraccio era fuori di sé e preso dalle sue paranoie uccise la madre. La tragedia familiare avvenne in una palazzina di via Clemente Tafuri, nel parco delle Magnolie. La donna, vedova da diversi anni, ricostruiranno gli inquirenti nel corso delle indagini, fu soffocata a mani nude mentre si trovava nella stanza da letto. Solo il mattino seguente, poco dopo le 9, i carabinieri della compagnia di Battipaglia bussarono alla porta dell’abitazione al terzo piano. A chiedere il loro intervento era stato un inquilino del palazzo, infastidito dai rumori molesti che arrivavano dall’appartamento della famiglia Caraccio.

Una volta raggiunta la stanza da letto, ai militari si presentò la scena della donna morta. Il figlio, invece, era in garage: scioccato e disorientato. Le indagini per chiarire l’omicidio furono subito indirizzate sul rapporto tra madre e figlio, sul disagio correlato alle condizioni di vita familiari e sociali e sulla patologia psichica del figlio. La vittima venne descritta come una figura paranoica. L’assassino le era molto attaccato, quasi in modo viscerale. Il figlio, inoltre, soffriva oltremodo il peso di dover badare alla madre, anziana e con gravi problemi di salute. Agli inquirenti ammise le sue responsabilità: «Ho ucciso, chiedo perdono a tutti». Ora, il processo ritorna in Appello, ma solo per rivalutare le pene sanzionatorie, tra le quali la durata della misura di sicurezza.