IL CASO

Battipaglia, beni tolti al clan: l’Asi ci mette l’industria

Il Consorzio sottrae l’Uliveto della legalità al Comune e concede il nulla osta alla fabbrica. Francese va al Tar: «Non si può»

Ci si può impadronire d’un bene confiscato alla camorra e darlo ai privati perché ci edifichino una fabbrica? Affermativo, secondo i tecnici dell’Asi di Salerno. Di tutt’altro avviso al Comune di Battipaglia, tanto che la giunta guidata dalla sindaca Cecilia Francese dà mandato ai legali affinché trascinino il Consorzio in tribunale. Il cippo della discordia s’erige tra le piante del cosiddetto “Uliveto della legalità”, sorto per volere di Gerlando Iorio , Ada Ferrara e Carlo Picone , commissari straordinari che amministrarono la città all’indomani dello scioglimento, sul fondo affacciato su via Bosco Primo, confiscati all’imprenditore Antonio Campione . Terre di frontiera tra Taverna Maratea e zona industriale. Poco meno di tre ettari: i vertici dell’Anbsc, l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, le destinarono al Comune.

E la triade ( Anno Domini 2015) stipulò un protocollo d’intesa con l’allora presidente di Confagricoltura Salerno, l’imprenditore battipagliese Rosario Rago , per piantumare in loco i 1.400 ulivi rimasti senza casa dal dì della posa della prima pietra nel cantiere del nuovo cimitero. Una concessione ventennale: scadrà nel 2035. Nella preconizzata costituzione d’una cooperativa capace di dar lavoro a soggetti svantaggiati la triade ravvisò il fine sociale, imprescindibile dogma per il riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità. Quindi pure dei terreni di via Bosco Primo. Solo che il vasto appezzamento stretto tra l’istituto Ferrari e l’Autoshop ricade anche nell’agglomerato industriale. E al Consorzio, organo di governo dell’agglomerato produttivo presieduto dal consigliere d’opposizione Antonio Visconti , nell’ambito d’una più ampia campagna di riacquisizione dei suoli mai industrializzati, hanno deciso di riprendersi pure quei terreni. Nonostante siano confiscati.

Ai principi dell’estate scorsa Maurizio Pisaturo e Marianna Del Vecchio , alti funzionari dell’Asi, preannunciarono agli omologhi di Palazzo di città l’intento di riacquisire il fondo di via Bosco Primo, contestando la mancata industrializzazione ad opera di Campione prima e del Comune poi. Il dirigente dell’Ufficio tecnico municipale, l’ingegnere capo Carmine Salerno , con una lunga missiva sottolineò che quei terreni non sono comparabili ad altre tipologie di suoli nella zona Asi rimasti senza fabbriche – dei quali, in genere, il Consorzio può nuovamente impadronirsi per poi assegnarli ad altre attività industriali in virtù d’una legge regionale risalente al 2013: ne è l’esempio l’iter intrapreso per i fondi ex Sir –, ribadendo che si tratta di terreni confiscati all’esito di procedimenti penali, che la legge ne impone il riutilizzo esclusivamente per scopi sociali, che l’Agenzia (istituita dal Governo proprio al fine di gestire i beni tolti alla criminalità) li ha destinati al Comune di Battipaglia e che, pur ipotizzando l’inesistenza di simili presupposti, non c’è alcuna linea di continuità tra l’iniziativa imprenditoriale – concretizzatasi o meno – di Campione e il subentro dell’amministrazione comunale. Invano. L’11 ottobre scorso i dirigenti dell’Asi hanno concesso alla Progress , una srl che tratta plastica, il nulla osta preliminare al progetto d’insediamento per 6.663 di quei 28mila metri quadri. Una fabbrica in un bene confiscato. Decisione contestata dalla giunta Francese, che ora, con una delibera, affida al dirigente del Contenzioso, l’avvocato Gennaro Izzo , l’incarico di ricorrere al Tar.