«Basta con il carcere duro per mio zio»

Sant’Egidio: la nipote di Iannaco scrive e chiede la revoca del 41 bis per il boss rinchiuso all’Aquila

SANT’EGIDIO MONTE ALBINO. Citofono, vetro divisorio e lunghi viaggi, una volta ogni due mesi. Dalla provincia di Salerno all’Aquila per salutare lo zio, Luigi Iannaco, boss dell’omonimo clan di Sant’Egidio Monte Albino, detenuto in regime di 41 bis.

Tutto in una lettera inviata alle autorità competenti e al governo da sua nipote, Valentina Buontempo, ventitreenne, che dopo tre anni di massima sicurezza chiede umanità per il suo parente, «rinchiuso nella casa circondariale dell’Aquila dove in un unico giorno io e mia madre, ci alziamo alle 4 del mattino per prepararci a tre ore e mezza di viaggio», per salutarlo, «per dare a mio zio quell’ora di felicità al mese che può permettersi, un’ora che vola in un attimo, il tempo di chiedergli come sta». E’ Valentina a raccontare le parole di Iannaco. «Come volete che sto? Rinchiuso… in 4 mura… non posso fare niente… la vita è sempre quella». La speranza è un trattamento più umano. «Con quel vetro che ci divide e quell’orrendo citofono, non possiamo nemmeno più inviargli dei libri nuovi, perché mai? Non basta già quanto viene controllato? Oggi ci ha detto che sta aspettando da 5 mesi per fare una radiografia alla spalla. Chi è lo Stato per togliere addirittura anche il diritto di socialità ad un essere umano?».

Il discorso entra nell’eccezionalità del 41 bis, riservato ai criminali di massima pericolosità, norma nata in un momento di emergenza e rimasta lì. «La dignità di un uomo, anche se criminale, non può essere calpestata da una normativa contraria al principio di uno Stato democratico come il nostro, istituzionalmente contrario alla pena di morte. Il  41 bis non è poi così lontano dalla pena di morte. È un regime finalizzato al pentimento, alla collaborazione, fa parte del nostro ordinamento giudiziario, ma, sinceramente, chiedo ai parlamentari di informarsi maggiormente, perché gli unici che sanno cos’è il regime 41 bis sono i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria».

«Di questo 41 bis non se ne può davvero più. Quando mio zio avrà scontato 20/30 anni, e se Dio vuole uscirà vivo da lì, qual è il futuro che lo aspetta?- si chiede Valentina - Nessuno direi». Iannaco, “O’ zi maisto”, è stato condannato come mandante dell’omicidio Fulgido ed è coinvolto nell’omicidio Vaccaro. E’ accusato di estorsione e spaccio. Nel 2005 avviò il programma di collaborazione ma poi fuggì.

Alfonso T. Guerritore

©RIPRODUZIONE RISERVATA