Banche e usura, si va in Cassazione

Imprenditore presenta ricorso contro il proscioglimento di Mps e Unicredit

Sarà la Cassazione a dire se per l’accusa di usura bancaria formulata nei confronti di Mps e Unicredit potrà esserci un processo. Dopo il “no” del gup Elisabetta Boccassini, che ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio e prosciolto dodici persone tra vertici nazionali e personale di filiale, l’imprenditore autore della denuncia ha deciso di rivolgersi alla Suprema Corte chiedendo che il caso possa almeno arrivare in dibattimento. «La soluzione adottata dal giudice nella sentenza di proscioglimento contrasta con la giurisprudenza della Cassazione – spiega l’avvocato Franco Dente – si contraddice un orientamento giurisprudenziale consolidato». Per questo il legale sta scrivendo in questi giorni il ricorso per Cassazione con cui chiederà di annullare il provvedimento di non luogo a procedere e consentire al suo cliente, l’imprenditore Pietro Merola, di portare i suoi argomenti dinanzi a un Tribunale.

La vicenda è quella della ditta di costruzioni Karma, dichiarata fallita nel luglio del 2009 dopo che alcuni assegni erano risultati scoperti. Merola ha spiegato di aver appreso così che i conti correnti si erano svuotati, e ha denunciato gli istituti di credito accusandoli di aver applicato interessi abnormi che avevano finito per “mangiarsi” il capitale. Sulla base di quella denuncia e di alcune consulenze tecniche il sostituto procuratore Francesco Rotondo aveva chiesto il rinvio a giudizio, mettendo sul banco degli imputati, tra gli altri, l’ex presidente del Monte dei Paschi di Siena, Giuseppe Mussari. L’imputazione di usura bancaria si reggeva sull’accusa di avere applicato interessi passivi trimestrali fino al 17 per cento e tassi superiori anche al 14 per cento in occasione dello “sconto” in banca di alcuni effetti. Per il gup, però, la soglia usuraria non può dirsi superata, perché solo nel 2009 la Banca d’Italia ha inserito nel computo la commissione di massimo scoperto (che nel caso specifico è l’elemento che fa superare il tetto), mentre i rapporti bancari sub iudice risultano antecedenti. Non basta, secondo il giudice, che due pronunce della Cassazione (nel 2010 e nel 2011) ritengano di dover tenere conto di questa voce a prescindere dalle istruzioni della banca centrale. «Siffatta interpretazione non appare convincente» scrive il gup, paventando tra l’altro una violazione del principio di tassatività dell’illecito penale. E la parola, adesso, torna alla Cassazione.

©RIPRODUZIONE RISERVATA