Avvocati, la rivolta dei selfie

Dopo la mobilitazione on line, è pronta la manifestazione contro la Cassa forense

Per settimane hanno dato alla protesta le loro facce, inondando di selfie le pagine di facebook, ora sono pronti a far sentire anche la loro voce, con una manifestazione che venerdì li vedrà con i megafoni a Roma, davanti al palazzo della Cassazione. Sono gli avvocati della campagna #iononmicancello, montata dal basso quando le nuove regole della Cassa forense hanno imposto ai nuovi iscritti l’aut aut (pagare i contributi previdenziali o cancellarsi dall’Ordine) e ingrossatasi ora che la bozza di regolamento sulla continuità professionale minaccia di espellere dagli albi anche migliaia di avvocati di vecchia data. Mga (Mobilitazione Generale degli Avvocati) calcola che a rischio, perché non in regola con i versamenti previdenziali, ci sia il quaranta per cento dei legali, che in tutta Italia sono all’incirca 260mila e a Salerno superano quota 4mila. «Fate voi i conti percentuali e vedete in quanti rischiano di trovarsi dall’oggi al domani in mezzo a una strada – sbotta Valentina Restaino, tesoriere di Mga – Cancellazione dall’Ordine significa non poter più esercitare la professione. E allora ditemi uno poi gli arretrati alla Cassa come li paga».

Il sospetto è che si voglia mettere in atto con questo sistema una selezione per censo, una scrematura dell’avvocatura che metta fuori quella a reddito medio basso, penalizzando soprattutto i giovani e chi non ha alle spalle studi legali di famiglia. «C’è un disegno a monte – accusa Restaino – un disegno che si sta compiendo sul doppio binario della Cassa forense e del regolamento per la professione. Non a caso l’avvocatura ricca è d’accordo». Gli altri, gli avvocati “no casta” come qualcuno ha iniziato a definirli, si riuniranno alle 9 di venerdì davanti alla Cassazione e fino alle 14 urleranno al megafono le loro storie e la loro indignazione. Allo speaker’s corner porteranno i loro codici, i libri su cui hanno studiato, per costruire una “barricata della conoscenza” contro l’idea di una selezione per reddito. «L’aspetto più amaro è la lontananza delle nostre Istituzioni – sottolinea il presidente di Mga, Cosimo D. Matteucci – quando invece avrebbero dovuto esserci vicine, soprattutto in considerazione del periodo di gravissima crisi della categoria. La verità è che le oligarchie che le governano hanno visto nell’inasprimento della normativa fiscale e previdenziale l’imperdibile occasione di falciare il numero degli avvocati, nella consapevolezza che solo pochi di loro sarebbero riusciti a superare gli sbarramenti eretti, e quei pochi sarebbe stati i più abbienti». Quanto sia difficile farsi strada lo racconta proprio la storia che la salernitana Restaino porterà venerdì al megafono della manifestazione. «Io stessa risulto morosa – spiega – una morosa involontaria, come lo sono tanti. E nonostante sia anche cassazionista, col nuovo regolamento rischio di restare fuori dall’Albo perché non ho fatto in tempo a saldare gli arretrati alla Cassa forense. In sintesi, per poter continuare a lavorare dovrei chiedere un prestito in banca e pagarci gli interessi». Il suo debito inizia al momento stesso dell’iscrizione alla Cassa: «L’iscrizione diveniva obbligatoria al di sopra dei 10.300 euro di fatturato annui. L’anno che li ho superati (di soli 200 euro) sono stata iscritta d’ufficio e sono stati calcolati anche i periodi precedenti. Risultato: cominciavo la mia vita in Cassa con un “rosso” già di 14mila euro. Ho ottenuto di rateizzare, ma tra contributi nuovi e arretrati, affitto di studio e bollette, tirare avanti era un’impresa. Basti pensare che in quel periodo avevo preso casa da sola ma ho dovuto disdire e tornare dai miei genitori. Mettici che facevo molto patrocinio e lo Stato salda a distanza di due anni, alla fine non ce l’ho fatta più a pagare». Ora una cosa chiede che sia chiara: la protesta non contesta la contribuzione previdenziale obbligatoria, solo rifiuta l’idea che alla regolarità dei versamenti possa essere legata la possibilità stessa di esercitare la professione. Tanto più che i minimi contributivi sono avulsi dal reddito: «Per i vecchi iscritti che fatturano da zero a 15mila euro si prevede una rata annua di 3.800, anche se quell’anno non si è guadagnato. Se questa la si può chiamare equità...».

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