Attacchini e voti Nuova inchiesta

L’Antimafia ha chiuso le indagini per il duplice omicidio ma ha aperto un fascicolo sulle affissioni elettorali

Per il delitto di Fratte, quello in cui furono uccisi il 5 maggio Antonio Procida e Angelo Rinaldi, l’inchiesta è chiusa. Il sostituto procuratore antimafia Vincenzo Montemurro ha firmato un avviso di conclusione delle indagini che conferma impianto accusatorio e nomi degli indagati: Matteo Vaccaro, il figlio Guido e Roberto Esposito. Ma su un filone parallelo, quello dell’attacchinaggio dei manifesti elettorali, s’indaga ancora, tramite lo stralcio in un altro fascicolo (per ora senza indagati) in cui la Dda ha fatto confluire tutti gli elementi sospetti raccolti nel corso dell’inchiesta sul delitto.

Il movente dell’omicidio è stato individuato in un litigio nato proprio per la spartizione del servizio di affissioni nell’ultima campagna elettorale per la Regione. Procida e Rinaldi avevano ricevuto da Lello Ciccone (candidato in Forza Italia) l’incarico di “coprire” la zona, ma Matteo Vaccaro pretendeva di entrare nel giro e poche ore prima dell’agguato aveva affrontato Procida nel suo bar nella piazza di Fratte. Lo aveva avvertito che sapeva del lavoro per Ciccone e gli aveva intimato di consegnare a lui almeno un centinaio di quei manifesti, perché ne gestisse la collocazione nella zona di Ogliara dove – da vecchio boss di recente uscito dal carcere – intendeva rimarcare il suo predominio. Procida aveva reagito, ne era nata una colluttazione e infine gli aveva soffiato in faccia quel «sei vecchio, non conti più nulla» che Vaccaro avrebbe ritenuto di vendicare col sangue.

Pochi giorni dopo il delitto il magistrato aveva già convocato in Procura – come persone informate sui fatti – sia Ciccone che Matteo Marigliano, il dipendente di Salerno Sistemi (fratello del capoclan Ciro) che avrebbe fatto da tramite tra il candidato e i due giovani uccisi e che negli ambienti della politica cittadina è ritenuto un “ras” dell’attacchinaggio. Da lì si è partiti per accendere i riflettori sulla gestione delle campagne elettorali e sui rapporti tra candidati e presunti mediatori del consenso. È questo il raggio d’azione della nuova inchiesta, ancora in fase embrionale ma già collegata ad altre verifiche sulle assunzioni nelle società partecipate

Per il resto l’omicidio – si legge nell’avviso di conclusione delle indagini – è ritenuto il frutto di “un disegno criminoso da inquadrare in contesti associativi di natura camorristica legati al controllo del territorio per il predominio criminale”. Nei prossimi giorni i difensori Massimo ed Emiliano Torre, Giuliana Scarpetta e Fabio de Ciuceis decideranno se chiedere che i loro assistiti siano di nuovo interrogati o aspettare che la Procura formuli la richiesta di rinvio a giudizio. L’avviso di chiusura indagine non definisce nel dettaglio la dinamica dell’agguato, limitandosi a indicare Tutti gli indagati come esecutori dell’omicidio e Matteo Vaccaro anche nel ruolo di mandante. Una ricostruzione nero su bianco è però offerta dal provvedimento cui il Tribunale del Riesame ha respinto le istanze di scarcerazione, basandosi tra l’altro sui fotogrammi delle telecamere di videosorveglianza. Dalla comparazione delle immagini emerge che i tre si sarebbero scambiati i ruoli durante il tragitto da Ogliara alla traversa Magna Grecia, dove avvenne l’omicidio. In una prima fase Matteo Vaccaro sarebbe stato in sella allo scooter guidato dal figlio Guido, poi quel posto sarebbe stato preso da Esposito e il boss li avrebbe seguiti in auto. I risultati dell’esame stub, che ha rivelato solo sui Vaccaro tracce indicative di polvere da sparo, non è giudicato sufficiente a escludere che a sparare sia stato Esposito, corso poi a lavarsi.

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