Assistenza negata ai pazienti psichiatrici

Pochi mezzi per affrontare l’emergenza nell’Agro. E alla fine chi ha problemi seri finisce nella corsia di un nosocomio

NOCERA INFERIORE. È una presenza certa ma silenziosa, quella dei malati psichiatrici. La malattia, quando non si vede, sembra scomparire. Per chi si occupa di queste persone e per le loro famiglie non è affatto così. Una realtà che si scontra con tagli, razionalizzazioni e personale insufficiente. Migliaia di accessi nella solo area nord dell’Asl Salerno che si infrangono su strutture pronte a prestare aiuto, ma nei fatti impossibilitate a farlo a causa di poco personale e risorse risicate.

A vigilare su questi malati ci sono tre dipartimenti di salute mentale - area nord, centro e sud dell'Asl Salerno -, tredici unità operative di salute mentale, di cui quattro nella zona nord - Nocera, Sarno, Angri e Cava/Costiera -, più tre reparti ospedalieri - Nocera, Salerno e Polla -, una decina di comunità alloggio e due centri privati. Focalizzando l’attenzione sull’area nord dell’Asl si calcola che in media, ogni anno, vengono aperte circa 2.000 cartelle per unità operativa di salute mentale. A conti fatti per i quattro centri transitano circa 8.000 persone. Non si tratta in tutti i casi di malati. A questi sportelli si accede anche per richiedere certificati di idoneità psichica per il lavoro o per il porto d’armi. I pazienti seri presi in carico sono, mediamente, circa 300 per struttura. Le patologie più gravi possono, invece, essere classificate in psicosi croniche o schizofrenie, disturbi bipolari, disturbi della personalità, depressioni, ansie.

Un peso che potrebbe aumentare, anzi qualcosa è già in atto, con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. E così, se da un lato l'Asl sta ridimensionando le competenze delle strutture territoriali - da settembre sono cambiati i parametri per l’emergenza, passata in capo al 118 -, a livello governativo viene chiesto un potenziamento delle realtà locali affinché vigilino e controllino i percorsi dei malati usciti dagli OPG.

Se non bastasse nelle strutture territoriali ci si occupa anche di riabilitazione. Sulla carta gli strumenti ci sono, ma facendo una radiografia della situazione emergono le criticità. Non è sempre facile garantire con il personale in servizio l’attività domiciliare e ambulatoriale. In alcuni casi mancano le auto per spostarsi. Per esempio, se un malato ha una crisi a Corbara e i medici sono impegnati a Sant’Egidio, dal centro di Angri con difficoltà si potrà raggiungere chi ha bisogno perché c’è una sola macchina in dotazione. Per quanto attiene all’emergenza/urgenza, si registra un incremento dell’ospedalizzazione.

Chi segue i malati di mente sa che i percorsi di cura vanno fatti in ambienti familiari. Solo in extrema ratio si procede con il ricovero. Da mesi non essendo più le unità ad occuparsi di questo aspetto, sono sempre più le persone che colpite da crisi sono portate al pronto soccorso e ricoverate di essere stabilizzate e seguite a casa. Procedura che non fanno altro che peggiorare la soluzione. Dai malati e dalle loro famiglie viene lanciato un grido d’aiuto: non lasciateci soli.

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