Assenteisti, il Ruggi acquisisce i nomi

Ottenuto dalla Procura l’accesso agli atti per avviare nuovi procedimenti disciplinari. Circa 150 i dipendenti indagati

L’Azienda ospedaliera universitaria Ruggi d’Aragona ha chiesto alla Procura l’accesso agli atti per consultare l’elenco dei nomi finiti nell’inchiesta sui furbetti del cartellino. L’accesso è stato accordato. Sono oltre cento i nomi dei lavoratori del Ruggi, il range oscillerebbe al di sopra dei 130 e al di sotto dei 150, che rispetto all’uso del badge aziendale avrebbero tenuto una condotta lavorativa penalmente rilevante secondo la Procura. Dopo la richiesta inoltrata alla Procura circa due settimane fa dal manager Nicola Cantone, per conoscere l’elenco dei nominativi dei dipendenti (elenco che però non è mai arrivato in ospedale) ora l’Azienda ha ottenuto di consultare tutta la documentazione sui lavoratori che rischiano di più, in quanto avrebbero mantenuto nel tempo una condotta illecita.

Tra i capi d’accusa formulati nei loro confronti c’è la truffa ai danni dello Stato e false attestazioni o certificazioni nell’utilizzo del badge da parte di dipendenti pubblici. Dopo la chiusura delle indagini e gli avvisi di garanzia inoltrati ai lavoratori, la direzione aziendale ha ottenuto il consenso ad accedere agli atti in quando parte lesa dalle condotte dei presunti assenteisti.

Il clima in ospedale è incandescente da tempo e in molti, incluso il personale medico, avevano fatto pressioni alla dirigenza dell’ospedale per capire quanti dipendenti siano coinvolti, e a che titolo, nell’inchiesta denominata “Just in time”, in modo da prendere atto di quanti rischiano sia il processo che l’adozione di provvedimenti disciplinari. Nomi alla mano, saranno aperti per ognuno dei lavoratori del nuovo elenco singoli procedimenti disciplinari, la cui gravità varierà a seconda della valutazione dei comportamenti non consentiti. L’eventuale sanzione sarà proporzionale all’addebito, tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive della condotta del lavoratore. Le sanzioni dovranno essere specifiche e proporzionate, pertanto in ordine di gravità sono previsti il rimprovero verbale oppure scritto, un’ammenda pecuniaria, la sospensione dal servizio e dalla retribuzione, il trasferimento (ma solo se previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro e con mansioni equivalenti alle precedenti) e infine il licenziamento. Il datore di lavoro, in teoria, se ritiene che la procedura disciplinare sia incompatibile con la presenza in azienda del lavoratore potrebbe anche optare per una sospensione cautelare per la durata del procedimento, ma senza sospendere la retribuzione. Invece il lavoratore può impugnare i provvedimenti davanti al giudice ordinario o a un collegio arbitrale presso la Direzione provinciale del lavoro.

Già nel 2015 la Procura ha emesso un’ordinanza per gli assenteisti che erano stati scoperti mentre andavano a fare la spesa o erano al mare, dal parrucchiere o a giocare a carte; e anche l’Azienda fece le sue valutazioni, facendo scattare sette licenziamenti. Nell’ordine, al termine dell’indagine che iniziò nel 2014, il gip Sergio De Luca emise nel settembre del 2015 dieci ordinanze di misura cautelare personale di tipo interdittivo (dunque la sospensione per un anno dal servizio pubblico svolto alle dipendenze dell’Azienda ospedaliera).

Tra i dipendenti travolti dallo scandalo c’erano operatori sanitari, caposala, infermieri e tecnici specializzati. Pochi mesi dopo anche l’Azienda, allora guidata dal direttor generale Vincenzo Viggiani, decise il licenziamento per sette dei dieci dipendenti che, secondo la Procura, avevano tenuto le condotte più gravi. Tra pochi giorni nelle mani dell’Azienda ci sarà un altro elenco. Al massimo entro lunedì la direzione aziendale sarà in possesso in via ufficiale dei nomi e la Commissione disciplinare aprirà decine di nuovi procedimenti. Commissione che è al lavoro anche su altri fronti. Sarebbero in arrivo i “verdetti” per tre medici che prestavano la propria attività professionale in strutture private fuori regione e in Campania e per il primario di Neurochirurgia, Luciano Brigante, accusato di concussione.

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