Assegni a Scarano L’Appello conferma la prima condanna

Un anno e 10 mesi a Carmine Malangone di Pontecagnano L’imprenditore aiutò il monsignore nel riciclaggio di denaro

È stata confermata anche dalla Corte d’appello la sentenza di condanna per l’unico coimputato di monsignor Nunzio Scarano che ha scelto di accelerate i tempi del procedimento chiudendo la vicenda con un rito abbreviato. Per Carmine Malangone, noto imprenditore di Pontecagnano, i giudici del secondo grado hanno confermato la condanna a un anno e 10 mesi emessa lo scorso ottobre dal giudice dell’udienza preliminare Renata Sessa.

Una condanna che per entità consente la sospensione condizionale della pena e contro la quale il difensore Francesco Dambrosio aveva presentato appello chiedendo una pronuncia di assoluzione. La Corte non ha ritenuto che ve ne fossero i presupposti, emettendo un provvedimento che conferma in toto la sentenza di primo grado e rinvia tra novanta giorni il deposito delle motivazioni. Da quel momento il difensore valuterà se formulare ricorso in Cassazione, intanto dalla condanna in appello arriva un nuovo segnale d’allarme per gli altri coimputati di Scarano, che hanno scelto il rito ordinario e sono adesso sotto processo con l’accusa di averlo aiutato in un’operazione di riciclaggio, firmando assegni circolari che sono serviti al religioso per estinguere un mutuo ipotecario celando la provenienza del denaro dal proprio conto corrente.

Certo la sentenza su Malangone non può ritenersi in senso tecnico un “precedente”, ed è comunque emessa “allo stato degli atti” senza tener conto di quanto potrà emergere in dibattimento, ma resta il fatto che il primo giudice chiamato a pronunciarsi ha condiviso la tesi accusatoria del pubblico ministero Elena Guarino e che queste valutazioni hanno retto al vaglio della corte d’appello. Contro Malangone (riferimento della società fallita Cogemal e destinatario, per quel crac, di una richiesta di rinvio a giudizio) ha pesato l’assegno circolare da diecimila euro consegnato a Scarano, assistito da una donazione fittizia e ricambiato, secondo le indagini, da un equivalente in contanti. La sua è ritenuta una delle operazioni servite al sacerdote per occultare la provenienza dal suo conto corrente dei circa 600mila euro con cui estinse un mutuo. Uno scambio tra soldi e assegni che avrebbe organizzato insieme alla commercialista Tiziana Cascone e per il quale sono ora imputati tutti coloro che hanno contribuito all’operazione. «Complici consapevoli» secondo la Procura, mentre le difese puntano su una «buona fede» che affonderebbe radici nel rapporto di fiducia con il religioso. Tra gli imputati, l’armatore Maurizio D'Amico, il primario Riccardo Villari, l’imprenditore Rosario Autuori e Carmine Pirofalo ex direttore amministrativo dell’ospedale.

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