Artificio e realtà nella scultura di Ciao

Le creazioni offrono una sorta di “panismo trasfigurato” tra gli elementi lignei e la luce di Wood

EBOLI. Dalla morte scaturisce una nuova vita. Le potenzialità figurative delle informi e martoriate masse di legni bruciati diventano, attraverso l’arte, segni culturali, forme conoscibili e conosciute. Nei legni arsi dal fuoco rivivono forme e modelli resuscitati dalla mano creatrice dell’artista. Lo scultore Pasquale Ciao ci offre una sorta di “panismo trasfigurato”, tra elementi lignei e luce di Wood, tra forme naturali e forme artificiali, tra Natura e Artificio, tra materia naturale e forme pensate e pensanti, tra poetica della vita e visioni luminescenti.

Egli è, ancora una volta, artifex bonus che riesce a ridonare forma e vita a legni antichi e lo fa con il costante lavorio di sottili e delicati interventi scultorei e pittorici che vanno a creare e a definire volti, forme e figure umane e animali già contenute nei legni, ma sapientemente liberati dalla materia superflua. Forme lievi, spesso appena accennate e percepite dalla nostra mente, diventano simboli icastici di una verità e di un’attività creatrice contenuta nella mente dell’artista che poi viene offerta all’attenzione di tutti noi. Sono forme che ci invitano a riflettere, a pensare, a vedere e a “saper vedere” nelle trame sottili delle luminescenze il frutto di un fare artistico che vuole mostrare i segni della rinascita di vecchi legni arsi a nuova vita, in cui il buio diventa una condizione, una possibilità, e la luce si offre come una realtà viva e concreta in cui le forme assumono nuova linfa vitale: un sistema arterioso e venoso di creature che si muovono nello spazio, segnato anch’esso da sottili ed eteree trasparenze colorate.

Nelle sculture di Ciao vi è una ricca polisemia che s’intreccia con la realtà percettiva di ognuno di noi, con la storia, con il mito, con la letteratura classica, con la magia di un mondo antico, soprattutto contadino, che ci parla di personaggi che variamente hanno attraversato la dimensione degli spazi e del tempo storico della nostra civiltà mediterranea, fin dagli albori, e trovano una propria realizzazione visiva e artistica nel recupero di una dimensione storica che, ancora una volta, ripropone una condizione umana che forse è la stessa del mondo greco di cui tutti noi ci sentiamo figli ed eredi. La sua arte, poi, ha variamente attraversato anche la cultura recente trovando ulteriore linfa e spunti nella letteratura e nella pittura di Carlo Levi, nella proposta di una nuova riflessione su miti e riti del mondo contadino, nel recupero di una gestualità artistica e artigiana che affonda le radici nella grande stagione scultorea del tardo barocco in Italia meridionale, sull’onda della memoria di grandi scultori e intagliatori in legno, come ad esempio Colombo e Fumo, fino agli esiti di una ricerca libera e personale mai paga dei risultati raggiunti, legata a un’azione creatrice che è ricerca incessante di forme e idee che accompagnano il suo personale fare arte. In questa simbiosi di Natura e Cultura vi è forse una possibile chiave di lettura, certamente non l’unica, di tutta l’arte proposta dallo scultore Pasquale Ciao, da anni un protagonista sulla scena artistica, con il quale ho avuto spesso fecondi “scontri-incontri” su argomenti e momenti d’arte, necessari per crescere insieme e per mandare avanti il motore dei dibattiti sulle arti. L’arte di Pasquale Ciao è una lezione per tutti, specie in questo momento in cui le arti vengono calpestate, e spesso derise, da una classaccia politica sempre più insensibile, arrogante e intollerante verso i valori universali della cultura.

Gerardo Pecci

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