Arrestata la commercialista di Scarano

La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla difesa contro il Riesame: Tiziana Cascone va ai domiciliari

Tiziana Cascone, la commercialista accusata con monsignorNunzio Scarano di concorso in riciclaggio, è da ieri agli arresti domiciliari. La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal difensore contro la pronuncia del Tribunale del Riesame e ha disposto l’esecuzione della misura. Secondo la Corte sussistono le esigenze cautelari individuate a gennaio dal Riesame, che accolse l’appello del sostituto procuratore Elena Guarino contro l’iniziale diniego del giudice delle indagini preliminare. Il Tribunale della libertà condivise la ricostruzione del relatore Giovanni Rulli e, a differenza del gip, ritenne non sufficiente che la professionista avesse interrotto i rapporti sia professionali che amicali con il sacerdote, in quanto le modalità dell’operazione ricostruita dagli inquirenti avrebbero rivelato una «pericolosità autonoma», cioè un’autonoma capacità a delinquere che rende concreto il rischio di una reiterazione del reato, anche con soggetti diversi da quelli coinvolti nell’inchiesta sul monsignore.

Il provvedimento è stato eseguito nel primo pomeriggio di ieri dai finanzieri del nucleo tributario, che hanno condotto l’intera indagine e che a gennaio notificarono anche l’ordinanza di arresto a Scarano, tuttora ai domiciliari sebbene con una misura attenuata che gli consente tre ore di libertà al giorno in considerazione di uno stato di disagio psicologico. Alla Cascone si contesta di aver violato la normativa antiriciclaggio in due occasioni: quando partecipò alle operazioni di scambio tra soldi e assegni circolari che servì a don Nunzio per celare la provenienza dal suo conto Ior di quasi 600mila euro, serviti per l’estinzione di un mutuo ipotecario; e quando, da tenutaria delle scritture contabili della immobiliare Nuen, consentì che il sacerdote versasse 758mila euro nelle casse di questa società, benché inattiva e amministrata da un altro soggetto: un nipote del prelato che deteneva tuttavia solo l’1 per cento delle quote mentre il resto era nelle mani di Scarano. Secondo la Procura la professionista ha concorso alla “ripulitura” di «risorse finanziarie di provenienza illecita», che si suppongono frutto di un’evasione fiscale degli armatori D’Amico sui quali pende per questo un’inchiesta a Roma. A Salerno l’indagine sul riciclaggio ha già dato origine a un rinvio a giudizio che vedrà a settembre l’avvio del processo per 51 imputati, tra cui i firmatari degli assegni che nello studio della Cascone ricevettero in cambio una busta con l’equivalente in contanti. Scarano provò subito a scaricare le responsabilità sulla professionista, dichiarando di aver eseguito quello scambio dietro suo consiglio, con l’obiettivo di celare la propria disponibilità economica ai parenti con cui aveva costituito l’immobiliare “Prima luce” e con i quali era poi venuto allo scontro, al punto da voler uscire dalla società ed estinguere l’ipoteca. Per gli inquirenti, però, dietro quell’operazione c’è un vasto giro di riciclaggio.

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