Armi per controllare gli affari 

Nelle intercettazioni un linguaggio cifrato per indicare fucili e consegne di droga

Un pocket coffee, lo champagne, tre pacchi di cartine. La droga nel linguaggio parlato dei pusher cambiava di continuo. Una volta era un cioccolatino, l’altra era un vino frizzante. La termonolgia convenzionale usata tra gli indagati variava.
Così gli inquirenti hanno sentito parlare di “coso”, “bollette”, “pizze”, “ricevute”, “fiori”, “bagnoschiuma”, “sigarette”. Una lista della spesa che, nel significato criptico, indicava lo stupefacente come hanno dimostrato le indagini dei carabinieri.
Nulla era lasciato al caso, Lucia Zullo istruiva i suoi sodali e i clienti. Il vademecum per gli assuntori, qualora fossero stati fermati dai carabinieri, prevedeva le seguenti regole: se possibile gettare subito la droga e fornire dichiarazioni false e dare indicazione sbagliate. C’è stato chi, come Daniele Medolla, che raccontava al fratello di aver ingoiato la droga ad un controllo dei carabinieri, come gli aveva suggerito proprio la “zarina” di Santa Lucia. Tutti i protagonisti del giro di spaccio, dalle posizioni di vertice al consumatore, mettevano in atto contromisure per non essere colti in flagranza di reato
L’indagine sulla famiglia Zullo è di cinque anni fa quando, durante un’attività di indagine a carico di Domenico Caputano, si parla di Lucia Zullo e di suo figlio Mario Avigliano che avevano messo in piedi una fiorente attività di spaccio con base nelle case popolari di Santa Lucia.
Da quella conversazione captata scatta l’inchiesta della procura di Nocera Inferiore che passa, poi, alla Dda di Salerno. Vengono messi sotto controllo decine di utenze telefoniche e il risultato investigativo conferma quelli che erano gli inziali sospetti degli investigatori. A un certo punto le armi diventano un incomodo per Vincenzo Zullo che deve sbarazzarsene.
Nelle intercettazioni il fucile (forse il Kalashnikov) diventa un “giubbino”. Che nessun altro avesse armi, oltre a Zullo e Porpora, lo dimostra l’affermazione intercettata in cui Zullo-figlio dice: »Non c’è nessun altro buon amico che può portarmi un giubbino». Per parlare di armi si usa anche il termine “compagna”. A un altro soggetto, non indagato, Zullo chiede fa la richiesta insolita di un pitone. “Ma un pitone o un violino per me lo avete’”. L’interlocutore gli risponde: “Ora no, ne sono sprovvisto pure io! A me mi piace suonare però … io lo tenevo una volta, però si ruppe ...”. Droga e armi. I Zullo facevano sul serio, avevano le mani sulla città. (m. l.)