«Appena libero andrò sulla sua tomba»

Il ricordo di Paolo Del Mese che fu suo referente locale e sottosegretario in due Governi da lui presieduti

SALERNO. È un Paolo Del Mese commosso quello che tramite il suo avvocato, Massimo Torre, ricostruisce gli anni al fianco di Giulio Andreotti in un ricordo fatto di legami personali prima ancora che di condivisioni politiche. Andreotti lo volle sottosegretario nei suoi governi a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta e i rapporti tra i due furono strettissimi, tanto che il “divo Giulio” fu tra gli ospiti al matrimonio della figlia di Del Mese nel 2007 e c’era anche all’inaugurazione del Villaggio del Sole. Ristretto ai domiciliari per l’inchiesta sul crac Amato, l’ex Dc salernitano racconta attraverso il suo legale di un Andreotti che, nonostante il prestigio dei ruoli, «era persona affabile, molto generosa e disponibile, oltre che di grande intelligenza e umorismo». Nel campionario dei ricordi conserva centinaia di momenti, gag ed aneddoti che ora intende raccogliere in un libro in cui ripercorrere l’esperienza politica e umana vissuta insieme. Fino a un anno fa, quando la vicenda giudiziaria ha imposto di interrompere i rapporti, si sentivano più o meno ogni mese: «Ho di lui un ricordo bellissimo – ha detto ieri – sia per la vicinanza nell’attività politica che per il forte legame umano. Oggi sento il rammarico di non poter essere ai suoi funerali, ma la visita sulla sua tomba sarà una delle prime cose che farò appena avrò riacquistato la libertà».

Una volta al mese, fino al natale del 2010, andava a fargli visita a Palazzo Giustiniani anche Pino Pizza. «Il Presidente - racconta – aveva simpatia per me, perché in qualità di delegato del Movimento giovanile entrai a far parte della direzione nazionale della Dc agli inizi degli anni Settanta. Del movimenti giovanile, infatti, Andreotto era stato il primo delegato nel lontano 1947». Pizza riferisce di un episodio poco conosciuto: «Mi raccontò del suo rapporto con De Gasperi, che nel 1946 lo inviò a Bari per convincere Aldo Moro a candidarsi con la Dc». Missione che Andreotti portò a termine con successo. «E’ un pezzo di storia del Paese che va via. Era un uomo di grande cultura, è stato un protagonista della storia d’Italia. Mi ha parlato molto del suo processo, del lungo calvario fino all’assoluzione. Era affabile, ma al tempo stesso timido e riservato. Aveva un forte senso dell’ironia che applicava per primo a se stesso».

Di Andreotti in provincia di Salerno si serba anche il ricordio della sua partecipazione alla Festa dell’Amicizia a Pontecagnano.«Andammo ad aspettarlo all’uscita dell’autostrada e ci recammo a casa Del Mese - ricorda Eugenio Colucci, sindaco di Pontecagnano Faiano dal 1988 al 1989, già segretario provinciale della Democrazia Cristiana.- da lì, a piedi, ci dirigemmo a piazza Risorgimento. Mano mano che si procedeva, sempre più persone si radunavano intorno ad Andreotti, aveva una grande capacità di attrarre le persone, era carismatico. Ricordo che una donna gli si avvicinò e lo salutò calorosamente e lui, con cordialità e semplicità, le chiese “Come sta Agostino?” Io non conoscevo quella donna, poi seppi che era la moglie Di Bartolomei». Nella Dc ebbe molti avversari, tra questi l’ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita. «Il dissidio, anche profondo, con Andreotti è stato, però, sempre ed esclusivamente di natura politica e mai di carattere personale. Devo anche dire - ha aggiunto De Mita - che non mi ha mai influenzato nel giudizio e nei rapporti, il cosiddetto cinismo che gli veniva attribuito».

(ha collaborato Marco De Simone)

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