Appello bis per Petrillo Chiesta una pena più alta

La requisitoria del pm al secondo processo per l’uccisione di Di Gloria a Polla Quattordici anni invece dei sei della prima condanna annullata in Cassazione

POLLA. Si avvia alla conclusione il processo di appello bis per l’omicidio di Nicola Di Gloria, il sessantunenne di Polla ucciso nel 2010 sulle montagne del comune valdianese. Ieri mattina, presso la Corte di Assise di Appello di Salerno, si è tenuta la seconda udienza del processo che vede sul banco degli imputati Giuseppe Petrillo, il trentaduenne anche lui di Polla condannato in primo grado a 23 anni di carcere e poi in appello a 6 anni.

Ieri nel corso dell’udienza c’è stata la requisitoria del Procuratore Generale che ha chiesto per Petrillo un inasprimento della pena, rispetto a quella che gli era stata inflitta nel primo processo di appello. Il Pg, in virtù anche della richiesta del rito abbreviato fatta dalla difesa, ha chiesto la condanna a 14 anni di reclusione. La Corte ha poi respinto la richiesta di rinnovo dell’istruttoria dibattimentale presentata dall’avvocato dell’imputato. Per la sentenza bisognerà attendere l’udienza del 31 marzo prossimo.

L’appello bis è stato disposto ad aprile dello scorso anno dalla Cassazione in seguito all’accoglimento del ricorso presentato dall’avvocato Sebastiano Tanzola, legale dei Di Gloria. La sentenza appello era arrivata a dicembre del 2014 e Petrillo oltre alla riduzione della pena aveva anche ottenuto la remissione in libertà. Ad aprile del 2016 si è pronunciata la Cassazione che ha annullato con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Salerno la sentenza. Petrillo era stato condannato in primo grado a 23 anni di carcere per l’assassinio sulle montagne di Polla. Anche nel primo processo di appello la Procura generale aveva formulato richiesta di condanna a 14 anni di carcere. La Corte aveva deciso di ridurre a 6 anni la condanna perché aveva riconosciuto nell’imputato un vizio parziale di mente. Per i giudici di appello Pino Petrillo non aveva commesso un omicidio volontario bensì il reato di lesioni volontarie.

«Ci sono tantissimi aspetti contrastanti nella sentenza di Appello – aveva sottolineato l’avvocato Tanzola parlando del contenuto del ricorso in Cassazione – in primo grado era stato acclarato che la morte era stata causata dall’auto che aveva sormontato il corpo di Di Gloria, invece secondo i giudici di appello sarebbe morto di stenti perché abbandonato nella zona montuosa dove i due si trovavano. A ciò si aggiunge anche il fatto che in primo grado un perito del tribunale aveva accertato che l’imputato era perfettamente capace di intendere e di volere invece senza alcuna perizia in appello è saltato fuori un vizio parziale di mente».

Erminio Cioffi

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